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DI TUTTA L’ERBA UN FASCIO

fascismoQualche bella testa ha presentato al Senato della Repubblica una proposta di legge che contempla la reclusione fino a due anni per i responsabili di “campagne di odio contro individui” o “volte a minare il processo democratico” atte a diffondere “notizie false, esagerate o tendenziose attraverso social media o siti che non siano espressione di giornalismo on line”. L’iniziativa è talmente grottesca, aldilà dell’immaginazione del più cupo complottista, da suggerire reazioni bischere tipo un ghigno o un’alzata di spalle. E invece va presa sul serio. Magari non diventerà mai legge, è troppo scopertamente fascista per essere digerita financo da un parlamento di zucche vuote. Però è suonato un campanello: l’uccisione delle democrazie si preannuncia sovente con la burlesca pensata di qualche Pierino. Se poi le democrazie sono già sulla soglia del coma irreversibile – tipo quelle del vecchio continente – basta meno di una spintarella per portarle dritte alla fossa. Quindi, il rischio non sta tanto nella  (improbabile) approvazione del DDL sulla censura legale, quanto piuttosto nel clima nient’affatto allarmato con cui esso è stato accolto dalla stampa nazionale. Forse perché per i giornaloni – guarda un po’ – la norma in questione non vale. Loro possono permettersi le notizie false, esagerate e tendenziose, mentre i comuni cittadini no; i bloggers vadano in galera. O forse – ed è anche peggio – perché i tempi sono maturi: ci siamo abituati, ci hanno abituati, all’idea che la libertà di parola, alla pari del bicameralismo e del CNEL, è un ferrovecchio della storia; un privilegio di chi è ufficialmente investito del potere di amministrarla e veicolarla al volgo, quella libertà, cioè le famose fonti ufficiali, i media generalisti appunto. I quali sono detenuti, come ben noto, dalle centrali di spicco del potere economico e finanziario. Andrà a finire che, per fruire della libertà di espressione, in Italia toccherà essere detenuti da qualcuno: o detenuti  da chi passa lo stipendio, se s’intende farlo attenendosi alle menzogne di regime, oppure detenuti in un simulacro di gulag, se si osa farlo sfidandole. Ad ogni buon conto, l’accoglienza tiepidamente soddisfatta riservata a questo  terrificante reato d’opinione ci spiega quante miglia abbiamo percorso della spirale perversa, e a ritroso, lungo la quale ci siamo giocati pezzi interi dei diritti e delle franchigie  conquistate in montagna dai nostri avi. Ciò del resto risponde all’auspicio di molti significativi intellettuali di quest’era tragica e imbarbarita, Umbero Eco in testa, i quali avevano a più riprese segnalato quanto fosse intollerabile che uno sconosciuto qualsiasi fosse libero di scorrazzare per il web propalando i propri pensieri. That is the question: noi non dobbiamo pensare perché ci pensano già gli intellettuali di riferimento e le gazzette sforna-veline. E non crediate sia necessario distinguere tra chi approva questa legge liberticida e chi se ne gioverà, tra i mandanti dietro le quinte e gli utili idioti plaudenti, tra i geni e i portaborracce. Mai come in questo caso la colpa è collettiva. Mai come in questo caso è giusto accomunarli e fare di tutta quell’erba (cattiva) un fascio.

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