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L’Ignobile Nobel

La farsa comunitaria di un’Unione costruita sul nulla ha avuto il suo indegno epilogo con l’assegnazione del premio Nobel all’Europa. La notizia in sé ha già un che di ridicolo. Il premio Nobel è un’onorificienza nata per rendere omaggio a uomini e donne, a persone fisiche, in carne ed ossa, che magari hanno dato il sangue, oltre ai propri pensieri e alle proprie azioni, per migliorare la vita dell’umanità.

Conferirlo a un’entità astratta, pur fornita di personalità giuridica, è un non senso, oltre che un’oltraggio alla ‘ratio’ sottesa alle buone ragioni che convinsero Alfred Nobel a inventare questo premio. Ci ricorda la trovata del Time che, nel 1983, dedicò la copertina di uomo dell’anno al personal computer. Qualcuno la definì geniale, ma era solo risibile. Eppure, a ben vedere, in questo evento c’è qualcosa di esemplare ed epocale al tempo stesso. Qualcosa che ci spinge ad applaudire la scelta dei giurati, perché, paradossalmente e a loro insaputa, sono riusciti comunque a rendere un servizio alla verità. Infatti, hanno immortalato, a futura memoria, la caratteristica principale di questo consesso inverecondo di nazioni riluttanti: quella di essere completamente sganciata dalle persone, dai milioni di singoli individui che compongono i vari stati ‘europei’ e che la pubblicistica naive si ostina a chiamare ‘popoli sovrani’. L’Unione Europea è solo un corpaccione informe di burocrazie tentacolari tenuta insieme da un aborto di moneta e sorvegliata a vista da una trimurti di nome Troika. Ma veniamo alla motivazione del premio che, se possibile, è addirittura più patetica del suo destinatario: la pace. Il Nobel alla Ue è giustificato dal fatto che questa moderna divinità di plastica avrebbe garantito, per sessant’anni, una vocazione alla pace dopo due disastrosi conflitti mondiali. E’ una patacca, falsa come Giuda. Certo, è una patacca luccicante che farà impressione quando verrà appuntata, nei saloni delle feste del municipio di Stoccolma, sul petto di qualche grigio funzionario col carisma di un asciugamani. Ma patacca resta, anche se ce l’hanno propinata in tutte le salse, da quando eravamo bambini, come la fiaba della buonanotte: c’era una volta un coacervo di nazioni bellicose e belligeranti che si macellavano nelle trincee; poi a queste nazioni venne l’idea strepitosa di fondersi insieme, ed ecco l’Eden spalancarsi all’orizzonte. Affermare, come hanno fatto i promotori del premio, che l’Ue ha aiutato a trasformare l’Europa “da un continente di guerra a uno di pace” e che l’opera della Ue rappresenta quella “fraternità fra le nazioni” ed una sorta di quel “congresso di pace” ai quali Alfred Nobel si riferiva nei criteri per la premiazione” è un insulto alla nostra intelligenza. Che sia un falso storico lo sappiamo e percepiamo tutti: la pace in Europa non è arrivata con l’Unione Europea, ma prima di essa. Durante gli anni del boom economico, quando la Ue era solo un embrione, le nazioni che si erano combattute nei precedenti conflitti planetari già convivevano in pace, padrone a casa loro, senza bisogno di incestuosi legami. In realtà, la Ue non è la causa di questo sessantennio di convivenza pacifica, semmai ne è l’effetto. I popoli europei avevano capito che era possibile relazionarsi da buoni vicini senza finire in uno scannatoio. Ergo, a qualche illuminato è sgorgata l’intuizione federale. Non il contrario. Ma un premio non lo si da a chi è il prodotto di qualcosa di bello e buono, ma semmai a chi lo determina. In realtà, l’Europa Unita è portatrice insana di un virus, o di un baco, se preferite, che la rende foriera di tempi ben peggiori di quelli sanguinosi del secolo scorso. La storia insegna che costringere in un patto federativo popoli che hanno poco o nulla in comune e che, in ogni caso, non hanno espresso il desiderio di stare insieme, porta male. Il destino della ex Jugoslavia e di un’altra sfortunata Unione, quella Sovietica, stanno lì a dimostrarlo. Vi diranno che la Ue è tutt’altra cosa, che è un processo lento e graduale che risponde ai desiderata di italiani, francesi, spagnoli, tedeschi e via affratellando, soggiogati dall’ansia di sottostare a una Legge comune. Sono balle. Diffidatene. E quanto più lo sentite ribadire, tanto più ripassatevi il mantra di ogni esperto di marketing: ripeti a sufficienza qualsiasi menzogna e finiranno per crederti. In realtà l’Europa Unita non è lo sbocco di un iter democratico, ma di un disegno elitario. Di democratico l’Europa non ha nulla. Né sul piano delle strutture rappresentative, né sul piano del coinvolgimento popolare, né, infine, su quello delle prospettive future. Quanto al primo aspetto, c’è una sola istituzione comunitaria che proceda da libere elezioni ed è quella dotata dei poteri meno incisivi, il Parlamento Europeo. Quanto al secondo profilo, nessuno ha mai chiesto ai cittadini europei se volessero federarsi fra loro e, soprattutto, in che misura intendessero farlo. I pochi referendum che ci hanno concesso si sono chiusi in perdita per i fautori del progetto a dodici stelle su campo blu. Stiamo diventando ‘europei’ per forza, senza rendercene conto, con quell’escalation per gradi che sta alla base di ogni rivoluzione silenziosa. E imposta. Questo ci porta al terzo punto: ci hanno rubato le chiavi di casa (mangiucchiando, come infaticabili roditori, le prerogative e i poteri nazionali per assegnarli a enti lontani anni luce dai nostri territori e dai bisogni della nostra gente), poi ci hanno privato della cassetta di sicurezza (togliendoci la sovranità bancaria) e infine hanno reso i nostri politici (di qualunque estrazione ideologica, di qualsiasi colore politico e a prescindere dalla stoffa morale) dei patetici scolaretti, dei valvassori di ritorno al guinzaglio dei nuovi signori feudali. Chiudiamo rammentando che il diavolo si nasconde nei dettagli. Anche quelli lessicali. Nella motivazione del Nobel sta scritto che l’Europa Unita impedirà future occasioni di guerra tra i popoli europei. Più precisamente, quel presidente senza investitura che risponde al nome di Herman Van Rompuy, in una dichiarazione da Helsinki a fianco del premier finlandese Jirki Katainen, ha rimarcato come l’Unione Europea sia “veramente la più grande istituzione per la pace mai creata nella storia del mondo”. “Siamo stati in guerra per secoli” ha ricordato, aggiungendo: “con l’Unione Europea questo genere di guerra non si è più potuta ripetere”. Può darsi. Quel che è certo è che non impedirà, anzi favorirà, lo scoppio di una guerra delle periferie contro il centro, delle masse un tempo titolari del proprio destino contro l’Impero Orwelliano della Ue. Prendete nota dei piccoli focolai degli indignados spagnoli contro i tagli draconiani imposti dall’Europa e dei greci contro la visita di Sua Maestà, Fraulen Merkel. Sono solo le prime scintille di un moto di rivolta dei popoli che, presto o tardi, spogliati di tutto, reclameranno ciò che gli è stato tolto, senza chiedere loro il permesso. Solo allora potremo apprezzare fino in fondo la ‘verità’ di questo Nobel: ce lo hanno assegnato nell’estremo tentativo di tenerci addormentati. Perché in troppi si stanno svegliando.

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