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RACCONTACELA ANCORA GEORGE

WILDERGeorge Soros ha parlato al World Economic Forum a Davos. Ora, leggere le parole Soros e Davos in un’unica riga dovrebbe indurre nei  lettori mediamente informati una crisi d’ansia. Un po’ come mettere insieme Dracula e Frankenstein in un cartoon per bimbi piccoli. Come minimo si spaventano. Pronunciare  il nome del magnate della speculazione internazionale e quello della sede di uno dei centri elettivi della teologia della mondializzazione coatta è come evocare il demone del film di William Friedkin: poi ci vuole un buon esorcista. E forse l’abbiamo trovato: brutto, zozzo, antipatico, parvenu, burino, cafone quanto volete. Ma il fatto che sia visto come fumo negli occhi da Soros ce lo fa – non dico amare, questo no, non esageriamo -, ma, vivaddio, guardare con un misto di nostalgia canaglia per i supereroi di un’infanzia perduta. Ora, Trump non è un supereroe e neanche un eroe a metà. È un miliardario sfondato che parla agli elettori come Che Guevara al pueblo e poi ti colloca ai vertici dell’amministrazione la creme de la creme di Goldman Sachs. Forse per questo è nel pantheon dei miti del partito radicale. Delle due l’una: o l’uomo ha qualche problema con se stesso e soffre di una scissione della personalità oppure vanta una strepitosa capacità di indossare i panni più diversi nelle situazioni più disparate con gli interlocutori più differenti. Un gran paraculo della politica post ideologica, diciamo. Ciò premesso, con tutti i suoi evidentissimi limiti, quantomeno egli ci sta facendo un po’ divertire, spaccando una serie di cristalli mica da ridere. In primis quelli di Soros il quale pare abbia perso un miliardo di dollari per colpa dell’inopinata vittoria di Donald. Già questo è da estasi. George è il filantropo che aveva quasi ammazzato l’economie italiana nel 1992 con i suoi giochini borsistici. Ed è anche un illuminato divulgatore di quella dottrina dello sbriciolamento delle culture nazionali a favore di un mondo unificato sotto l’egida unificata di un mercato unificato sottostante a una neo lingua unificata espressione di un pensiero unificato. Il suo e quello di altrettali accoliti della stessa risma per i quali la globalizzazione non è mai abbastanza e l’esaltazione dei diritti civili individuali va di pari passo con la demolizione di quelli sociali. Insomma, uno Stranamore del futuro peggiore, truce avversario di ogni populismo nazionalista che per lui fa rima con fascismo egoista. Punti di vista. Ebbene, secondo Soros, Trump è ‘un impostore, un imbroglione, un potenziale dittatore’. Detto da un esperto del ramo, verrebbe da credergli. Solo per un pochino, dai, solo per un pochino lasciateci pensare che non si tratti della solita pantomima tra attorucoli della medesima compagnia di giro. Fateci sognare che, davvero, l’elezione di Trump sia così urticante per Soros. Lasciateci in ascolto degli accorati allarmi del paperone ungherese intanto che gli sussurriamo all’orecchio: raccontacela ancora George.

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