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SCROFA E RITORNELLO

scrofaPer capire la vicenda Gnocchi-Petacci relativa alla proditoria uscita del comico che suggeriva l’analogia tra una scrofa e l’amante di Benito Mussolini (esposta insieme al duce al pubblico ludibrio a piazzale Loreto) è necessario, come sempre, interessarsi dei dettagli di contorno della farsa. Non quindi solo del suo protagonista, il beffardo (e sedicente satirico) show man, ma delle comparse che gli hanno tenuto bordone. Parliamo di minuzie audio e video, soprattutto. Una è l’indegno e corrivo ghigno di Floris, il ‘bravo presentatore’ che – di fronte alla battuta vergognosa – anziché offrire quantomeno un silenzio imbarazzato (se non una reprimenda esplicita) alla sparata altrui, le fa da spalla amplificando l’effetto “plauso in sala”. L’altra è l’intervista radio (reperibile su youtube) del giornalista Massimo Giannini allo stesso Gene Gnocchi tutta calibrata su un tono di vezzosa cortesia, compiacente e assolutoria. “Era satira!” sbotta Gnocchi. “Eh certo!” gli fa eco Giannini. E quando l’attore pronuncia una formidabile cazzata (“non mi sento in colpa, la cosa era talmente lieve, talmente minima”) l’intervistatore – piuttosto che porre la sola domanda, secca, spietata e sensata in un contesto di femminicidi diffusi (“Secondo lei, dare per scherzo della scrofa a una donna, morta per di più, non è un’oscenità di cui scusarsi?”) – lo rincuora prendendosela con il clima avvelenato della campagna elettorale. Che dire? La licenza di oltraggio si plasma in conformità delle circostanze, nell’era del colera ideologico in cui viviamo. Indossiamo una camicia di forza mentale e verbale che ci impedisce di esprimere un’infinità di concetti, parole, pensieri a pena della lapidazione mediatica. La peste della correttezza politica contamina quasi tutta l’area del dissenso. Devi guardarti le spalle se parli di Islam, di immigrati, di donne, di Europa, di stranieri, di scienza, di vaccini, di elezioni persino. I rischi di scivolare sulla buccia di banana dei divieti e di essere appeso al piazzale Loreto della gogna digitale con l’infame accusa di razzismo, sessismo, populismo sono altissimi. Quanto al fascismo e ai suoi morti, li puoi schernire impunemente.  Essi sono l’avversario fantoccio, il simulacro di un nemico inesistente scelto dai vertici della piramide come capro espiatorio su cui incanalare, per lo sfogo, il sordo rancore della base. Ergo, se ti lasci andare al più triviale dei rutti (lessicali) nei confronti  di una Petacci qualsiasi, i maestri di scena ti danno di gomito con cameratesca voluttà. In altri tempi, quando la cupola portava il fez, capitava lo stesso con certe spregevoli freddure antisemite o con le fecezie di stampo razzista. Il ritornello non cambia: nel pantano di una Matrice, cioè di una ideologia dominante (e oggi vi siamo immersi fino al collo) il greve sarcasmo verso i vinti e gli sconfitti è una medaglia al valore. Gene Gnocchi si è sbagliato: è la Matrice la vera scrofa.

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