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TORRE DI CONTROLLO

torreNella vicenda delle banche venete, della diatriba Consob-Bankitalia e della Commissione Parlamentare d’Inchiesta presieduta da Pier Ferdinando Casini ci sono alcune sfumature nella tela complessiva che – pur rischiando di passare inosservate per la loro apparente inessenzialità – sono più vistose e deturpanti di uno sbrego. Esse non riguardano, però, gli illeciti penali o civili, l’inosservanza delle regole, le collusioni e ramificazioni clientelari. Questa roba qui è, per così dire, data per implicita. Nel senso che ce la consegnano in dotazione insieme al giocattolo per adulti noto come “Gestione-occulta-del-vero-potere-da-parte-dei-veri-padroni-a-beneficio-dei-veri-allocchi”. Tutti sanno che quel mondo, da che mondo è mondo, è difettoso. Fingono di scandalizzarsi, mettono su una bella commissione d’Inchiesta e poi tutto finisce a tarallucci e vino. Non è roba nuova, sapete. Va avanti così dai tempi di Marco Cacco: la stessa Banca d’Italia nasce, negli anni Ottanta del diciannovesimo secolo, sulle proverbiali ceneri dello scandalo della Banca Romana. Ecco perché interessarsi dei dettagli è più divertente, ma soprattutto più istruttivo, che non focalizzarsi sul complesso. Le minuzie ti disvelano l’improntitudine della Matrice, la sua sfacciata alterigia, la sicumera che la anima. Pensate, per esempio, alla risposta data dal Direttore Generale della Consob alla Commissione d’inchiesta  a proposito dei controlli compiuti, anzichenò, negli armadi degli scheletri delle banche venete. ‘Ascoltate’ cosa ha detto, a sua discolpa, l’alto rappresentante: “L’Autorità nel 2013 aveva ricevuto solo 2 esposti, 13 nel 2014, 104 nel 2015. Noi cominciamo ad attivarci quando c’è un certo numero di esposti”. Da leccarsi le orecchie, non trovate? Nell’era del controllo, nella civiltà del controllo, nella società del controllo, la società di controllo dei mercati e della borsa, si attiva solo quando il numero di denunce diventa eccessivo. Sarebbe come se un maestro elementare appioppasse il quattro a un alunno solo dopo ‘un tot’ di compiti insufficienti. O se la polizia municipale si attivasse contro un automobilista imprudente solo dopo una serie ‘accettabile’  di infrazioni. O se una Procura si desse pena di perseguire un ladro solo dopo lo scasso di un numero ‘fisiologico’ di negozi. O se la Finanza mettesse nel mirino un’azienda solo dopo una quantità ‘discreta’ di evasioni. Sembra impossibile, vero? Stiamo parlando dell’Autorità di Controllo per eccellenza, quella che ‘controlla’ il cuore pulsante della nostra vita iper-controllata, fatta di Borse, di Crescita e di PIL, la stessa che ‘controlla’ gli istituti da cui dipende il destino su questa terra di un numero incalcolabile di persone controllate fin quasi nel gabinetto di casa (per il loro bene, si intende). Eppure, questa Autorità ‘controlla’ solo se gli esposti superano un non meglio precisato livello di guardia. Eccola, la quintessenza del Sistema che ‘controlla’ in-fles-si-bil-men-te, punisce, sopprime se del caso (attraverso il fai da tè del suicidio) i servi. Ma poi si fa coccolo e untuoso, quanto una spugna bagnata, verso i padroni.

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