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Tutta ‘roba’ buona

Una volta, era un dato comunemente accettato quello della sostanziale corrispondenza tra il titolo di studio, il livello intellettuale, la preparazione scolastica  di una persona e la sua capacità di sapersi orientare nel mondo, interagire nella società, partecipare alla democrazia con lungimiranza di vedute e apertura al progresso. Tutto il Novecento, soprattutto a sinistra, è contrassegnato dalla spinta gramsciana verso l’educazione delle masse. Conquistare le casematte del sistema culturale era più importante, e comunque prioritario, rispetto all’esigenza di appropriarsi delle leve del potere politico. Secondo questa impostazione, il popolo ha bisogno prima di tutto di essere istruito, elevato, ammaestrato. Solo così farà le scelte appropriate. A questo servivano le avanguardie intellettuali. Era una prospettiva parecchio arrogante e snob, ma tutto sommato dotata di una sua dignità: attribuiva un rilievo strategico alla diffusione della coscienza di classe e del pensiero critico. Implicava, per l’appunto, l’esistenza di un ‘pensiero’ utilizzato da soggetti pensanti con l’intento di espandere la consapevolezza altrui a fin di bene. E ciò in vista del nobile scopo di un mondo rinnovato, se non rivoluzionato del tutto.

Oggi, per una molteplice serie di fattori troppo numerosi per essere qui trattati, la situazione si è simmetricamente capovolta. Quasi tutto l’establishment intellettuale versa in uno stato catatonico, immerso in un torpore idiota in gran parte dovuto al bisogno di compiacere le elite economico-finanziarie dominanti (e quelle politico-istituzionali dipendenti dalle prime) onde ricavarne ‘miserabili’ ritorni economici sotto forma di stipendi, poltrone, comparsate; marchette, insomma. Al contrario, le masse poco ‘studiate’ – a dispetto del condizionamento ossessivo dei media a favore di un mondo globale, monodimensionale, irreggimentato – cominciano a palesare inattesi segni di risveglio. Pensiamo al tema dell’immigrazione. È molto più facile ottenere un parere sennato e razionale da un anonimo incontrato per strada che non dall’intellettuale attapirato in un salotto tv. Il fatto è che l’intellettuale non riesce più a condizionare l’uomo della strada perché, rispetto a costui, su molti temi, non ha capito quasi nulla, mentre l’altro ha capito quasi tutto. È come se il primo fosse stato sedato da una qualche sostanza psichedelica: ha perso la facoltà di ragionare con la sua testa e quindi di condizionare il divenire storico in conformità alla missione tradizionalmente assegnata ai dotti.

Forse per questo –  notizia di ier l’altro –  un direttore del CNR ha rilanciato l’idea di impiegare l’ossitocina (un ormone peptidico), in dosi calibrate,  per riportare i plebei sulla retta via dell’accoglienza e dell’amore universali. Secondo Rene Hurlemann, responsabile del dipartimento di psichiatria dell’Università di Bonn, “nelle giuste circostanze, l’ossitocina può aiutare a promuovere l’accettazione e l’integrazione”. In pratica, le avanguardie intellettuali – avendo abdicato all’intelletto – e quindi alla possibilità di influenzare il prossimo con l’intelligenza, ci vorrebbero provare con la ‘roba’. E quindi persino la trovata folle di drogare la gente per farla diventare più ‘buona’, gli sembra una buona idea.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com

 

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