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VIRUS BENIGNI

BENIGNIQuando pensiamo alla deriva acefala dei ggggiovani di casa nostra non dobbiamo essere troppo severi. Come dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, così dietro una gioventù debosciata c’è sempre una classe intellettuale ammosciata. Da che mondo è mondo, gli intellettuali lavorano per cambiarlo il mondo, e di regola sono ammirati proprio da chi ha meno anni in tasca e molti più sogni in testa, da chi è immaturo abbastanza, incosciente a sufficienza, spavaldo quanto serve per immaginarsi un futuro diverso. In una parola, giovane, appunto. Solo che il giovane si innesca se ha maestri sbarellati quanto lui, bastiancontrari e visionari, magari avanti con gli anni, ma anche con la mente. Oggi i maestri di pensiero sono un po’ stanchini, come direbbe Forrest Gump, ci hanno le gambine, e anche i braccini, e già che ci siamo pure i pensierini, un po’ anchilosati. Vedono confuso, capite? Sono un po’ presbiti e un po’ miopi così danno un colpo al cerchio e uno alla botte e tutto sommato scoprono che, in questo stato di cose, in questa cuccia calda, non ci si sta poi così male. Onde per cui se il padrone cambia la catena, non è poi il caso di ricavarne motivi logici, tantomeno ideologici, per la carità, per imbastirci sopra discorsi rivoluzionari. Ecco come si spiega il caso Benigni. Che sarebbe poi uno dei padri della patria, uno degli intellettuali di riferimento, insomma uno di quelli che, se ci fosse un’intellighenzia in funzione da qualche parte in qualche posto, meriterebbe di farne parte. E meriterebbe anche di avere il codazzo di giovani ansiosi di ascoltarlo per capire come mai la storia sta andando in direzione del Trattato transatlantico e del job’s act e nessuno si scomoda a contrastarne il flusso. Ecco, Benigni ha detto, parlando della riforma costituzionale di Renzi (la catena nuova del nuovo padrone) che lui, col cuore sceglierebbe no, ma con la mente sceglierebbe sì. Fischia! Che maitre a penser, da farsela sotto per l’emozione. Ora, si potrebbe concludere che il problema del geniaccio toscano stia nel sì al referendum. In parte è vero (chiunque voti sì alla controriforma a-democratica del duo Boschi-Renzi deve farsi vedere da uno bravo), ma solo in parte. Il vero problema è che quel sì lo dice uno dei maestri ispiratori in pectore delle giovani generazioni. Il quale invita ad assecondare una riforma il cui cuore pulsante (a proposito di cuore) è la riduzione drastica del numero dei rappresentanti del popolo (passateci la parola populista) e la sottrazione allo stesso popolo della possibilità di eleggerli. Una volta ci sarebbe arrivato anche un alunno della materna a capire lo scempio di democrazia, oggi non ci riesce neanche un premio Oscar. Per questo gli universitari non li troviamo più in piazza a sverniciare di slogan i potenti, ma in aula a ritirare i premi di produttività aziendale organizzati dalle stesse corporations che poi li useranno come lacchè. Quindi, riassumendo, non ci sono più gli intellettuali di una volta, ma non ci sono più manco i giovani di una volta. Perché se ce ne fosse ancora qualcuno di serio, al primo Benigni che gli dice di votare sì al referendum costituzionale e di farlo con la mente piuttosto che col cuore, gli risponderebbe in un modo solo: col cazzo.

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