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AFFAMATI E FOLLI

JOBSSteve Jobs, David Zuckemberg, Bill Gates. Sono i numi tutelari della nostra epoca. I fondatori dei colossali imperi della web generation sono stati fatti oggetto – taluni anche dopo il decesso, ma tutti comunque già in vita – di un processo di canonizzazione laica. I santi post moderni, però, non sono religiosi applicati nelle virtù cardinali del cristianesimo. Sono geniacci eccentrici creatori di mostruosi agglomerati transnazionali in grado di centuplicare il denaro con la stessa facilità con cui Gesù moltiplicava i pani e i pesci. Le loro corporations costituiscono il modello quintessenziale di uno strapotere finanziario e organizzativo privato debordante e quasi sempre vincente contro la presunta sovranità pubblica degli stati nazionali. Tuttavia, mentre nel secolo scorso le masse erano più propense a detestare i cosiddetti padroni, a farne degli idoli polemici negativi, a scagliarsi contro la loro voracità, oggi – soprattutto tra i giovani – accade il contrario. Gli abitatori della cosiddetta società liquida (la nostra), non solo tollerano, ma prendono ad esempio i Paperoni e i Rockerduck del capitalismo globalizzato. Ed ecco plasmato, dalle vestali mediatiche degli dei, il mito del ragazzetto partito dal garage con mezzo dollaro in tasca per approdare all’Olimpo degli ultraricchi. Dalla sommità del quale egli elargisce alla plebe – con equanime munificenza – sermoni motivazionali e sofisticati benefici tecnologici. Poi, ogni tanto, accade un fatto. Tipo la ri-scoperta dei monumentali benefici fiscali di cui Google, Apple & company godono sfruttando il regime fiscale favorevole di certe nazioni europee. In Irlanda, per dire, queste entità pagano lo 0,005 per cento di tasse: un dato così scandaloso da aver risvegliato persino il senso della decenza dei commissari europei, notoriamente proni alle esigenze del business internazionale (dopotutto – ci viene detto – questi santi subito dell’era del silicio ‘creano nuovi posti di lavoro’). Eppure, non abbiamo visto scendere in piazza un solo studente, di quei ‘bamboccioni’ presi a calci in bocca dai politici del nuovo corso perché non abbastanza flessibili, precarizzati e sfruttati. Gli stessi giovani i quali – se mai troveranno un lavoro – ci pagheranno sopra il 60% di imposte, ben che gli vada. Essi non hanno nulla da eccepire sul fatto che ad aziende colossali in grado di macinare profitti multimiliardari (pagando magari stipendi da fame) siano applicate aliquote fiscali da Oggi le comiche. Di chi è la colpa? Anche di chi subisce e, anziché indignarsi, si genuflette davanti ai santini di Steve Jobs (insuperabile esempio di beatificato guru digitale 2.0) recanti la celebre esortazione ‘Siate affamati, siate folli’. Lo slogan andrebbe così riadattato: Loro sono affamati, noi siamo folli.

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