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DA NONNAPAPERA A DONNARUMMA

nonna-paperaÈ possibile passare da Nonna Papera a Donnarumma in poche mosse? Ci proviamo. Nonna Papera è la garante della filosofia di vita delle periferie agresti di Paperopoli. Vive in una fattoria ai confini della capitale, dispensa pillole di sobria saggezza contadina e sforna torte di mele genuine e biologiche. Se Nonna Papera usa ingredienti naturali come la farina, le uova e la frutta ne esce – dalle sue mani sapienti – un tortino delizioso. Questione di ingredienti. Ora veniamo a Donnarumma, il giovanissimo portiere del Milan abbrustolito sulla graticola per aver rifiutato il rinnovo contrattuale con la squadra (del cuore) che lo aveva svezzato e lanciato sul proscenio del grande calcio per metterne in luce la classe cristallina. Tutti sparano su Donnarumma perché ha fatto una scelta dettata dal portafoglio (il Milan gli offriva ‘solo’ cinque milioni all’anno), traditrice delle proprie radici (pare che il Real Madrid gli faccia più gola dei rossoneri) e inquinata dalla voglia matta di diventare il numero uno della squadra numero uno (ancora una volta, il Real). Con ciò voltando la faccia e il cuore a quei ‘valori dei campioni di una volta’ che anteponevano la passione per una casacca e l’affetto per un campanile ad altre, ben più materiali, considerazioni. Può darsi che sia vero e Buffon (rimasto a parare in serie B con la Juve) o Totti (fedele alla Roma quanto un carabiniere alla divisa) ne sono una buona controprova. Tuttavia, e per tornare a Nonna Papera, quali sono i principii di fondo – diciamo pure gli ingredienti della torta culturale – del nostro Tempo? Su quali di essi ossessivamente si focalizzano i protagonisti della politica, della grande stampa, delle istituzioni più rappresentative? Nell’ordine: crescita (cioè più denaro per più consumo); internazionalismo (cioè ogni luogo vale l’altro, una città vale l’altra, una bandiera vale l’altra e i popoli e le culture e le tradizioni più si mischiano meglio è); competitività (cioè conta solo se e quanto vinci, punto, non con chi giochi e per chi ti batti, fosse pure la squadra del tuo paese natio). Ora, c’è uno solo dei tre succitati ingredienti che manchi nella scelta rivoluzionaria e impopolare del numero uno del Milan? No. È una scelta orientata (anche) dalla grana e dalla crescita del proprio già smisurato profitto; è internazionalista perché mette sullo stesso piano Milano e Madrid, Manchester e Parigi; è ultra-competitiva giacché – per quanto tu abbia diciassette anni e un’intera vita sportiva davanti – non c’è tempo da perdere: bisogna vincere subito, di più, qui, ora, adesso, quindi molto meglio il Real di un Milan sull’orlo di una crisi di nervi. Anche se il Milan è la tua casa, la tua mamma sportiva, la cuccia dei tuoi più innamorati tifosi? Anche. E allora perché prendersela con il Gigio? Lui, ciclopico fuoriclasse in potenza, colosso inverosimile e ambulante allegoria della sua stessa generazione, è semplicemente la torta uscita dagli ingredienti che abbiamo usato. Chi si straccia le vesti per il suo cinismo e la sua mancanza d’amor di patria non capisce un accidente di cucina, direbbe Nonna Papera. Se vuoi una torta che sappia di mele e non d’aceto, butta l’aceto e usa le mele. Ma noi le mele le abbiamo ripudiate da un pezzo, e con l’aceto condiamo ogni piatto della nostra vita.

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