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EXODUS

EXODUSL’altro giorno, sul Foglio, Giuliano Ferrara ha scritto una delle sue solite intemerate apparentemente controcorrente a beneficio dei cultori dello status quo. Una specie di bugiardino da medicinale, coadiuvante la funzione, che fa seguito a una stupefacente scoperta di Dario Di Vico veicolata dalle pagine di un importante quotidiano nazionale. Il succo del discorso è questo: contrordine compagni, gli esodati non esistono, sono al massimo novecento e fischia sfigati che non hanno colto l’impronta taumaturgica della riforma Fornero, e neppure han capito l’intrinseca bontà del nostro piccolo mondo post moderno e via misticheggiando contro i facinorosi fancazzisti ignari di vivere nel migliore dei pianeti possibili. Okay, va bene, giuro che mi fido di Di Vico e pure di Ferrara che sta al Pensiero Nazionale come Napolitano sta alla Struttura Costituzionale. È un garante degli equilibri e quindi bisogna affidarsi. Avercene di padri della patria così. Ma permettetemi di fare un po’, anch’io, il bugiardino. Conosco un esodato. Un impudente lazzarone che, non so il perché e neanche il percome, è riuscito a farsi da parte a cinquantacinque anni, mese più mese meno. Non produce più un’emerita mazza, consuma quasi zero perché gli basta poco, è mantenuto legalmente da qualche mutua o cassa dello stato. Insomma, ha tutti i requisiti della mela marcia che dovrebbe vergognarsi di camminare per strada oppure chiudersi in casa e tenersi su con gli antidepressivi e meditare sulla cagionevole parabola discendente della vita. E invece no. È vitale come un ventenne, tonico, sorridente e sembra pure felice. Mi ha confidato una teoria che, se lo sente un qualsiasi teorico della competitività, lo mena duro. In pratica, a suo dire, la vita comincia a sessant’anni perché fino a venti ti sdereni di studio e paure, poi, ben che vada, sudi come un mulo per il sostentamento. Risultato: hai due ore al giorno d’aria (tolti i pasti, i sonni, le docce e i bisogni elementari) che usi per guardare il mondo da un oblò (della tele). Fai 2 per 365 giorni per 40 anni suppergiù. Sono ventinovemiladuecento ore di partite di calcio, talk show e affini. ‘Prendi uno come me’ mi apostrofa l’esodato spudorato (che, come tutti i puri di cuore, è anche un filo presuntuoso): ‘intendo uno che sa come sfruttare il suo tempo. Ho (tolti gli ammennicoli e calcolando per difetto) nove ore al giorno x fare ciò che adoro moltiplicato per 365 giorni per 20 anni (sempre in difetto). Uguale sessantacinquemilasettecento ore di vita colma e consapevole. Quindi,’ conclude saltando in sella alla mountain bike, ‘dai sessanta in su abbiamo due vite intere piene e abbondanti contro quella scarsa e svuotante di prima dell’esodo’. Forse ci siamo scelti gli intellettuali di riferimento sbagliati. Anzi, senza forse. È matematico.

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