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Gli spreadatori del BOT perduto (Vol. 3)

Allora, adesso smettiamo per un attimo i panni del BTP BuonTemPone, e ricominciamo a ragionare. Abbiamo detto che un rialzo dello spread – cioè un deprezzamento dei BTP sui mercati secondari – indica un aumento del loro rendimento (rispetto ai BUND tedeschi), ma non un aumento delle cedole che lo Stato paga ai possessori di quel BTP. E allora perché si dice che il rialzo dello spread provoca un rincaro degli interessi pagati dallo Stato italiano per rifinanziarsi? È semplice. Attualmente, il debito pubblico totale italiano ammonta a circa duemila trecento miliardi. Esso è costituito, per la gran parte, da titoli di stato. Nel paniere ci trovate il nostro BTP BuonTemPone, ma anche i BOT (Buoni ordinari del tesoro) e i CCT (Certificati di credito del tesoro). Di queste migliaia di miliardi in forma di titoli, alcuni sono titoli vecchissimi che stanno per venire a scadenza, altri di mezza età, altri di fresca emissione.

Mano a mano che scadono i titoli, lo Stato cosa fa? Li ripaga ai suoi creditori. Per esempio, se la Banca Squalo ha comprato, nel 2008, dieci miliardi di BTP (tra cui il nostro amico BuonTemPone), nel 2018 la stessa Banca Squalo (o, al suo posto, il Fondo Avvoltoio o chiunque, nel frattempo, sia venuto in possesso del titolo girovagante) va dallo Stato Italiano e se li fa restituire. In questo modo, ovviamente, si crea un buco nelle finanze dello Stato. E come viene colmato? Attraverso le tasse, certo (ecco dove vanno a finire le imposte che pagate, amici), ma anche con l’emissione di nuovi titoli del debito, per esempio di un nuovo BTP di dieci miliardi. Facciamola semplice. Escono dieci, entrano dieci. Adesso la parola ‘debito pubblico’ comincia ad avere un senso: è un enorme vortice di miliardi che girano e girano e girano, come in una lavatrice. Sì, ma quanto girano? Tanto per farvi un’idea, i BTP in scadenza nel 2018 sono pari a 135 miliardi. Rispetto a questi BTP, lo Stato risente dell’andamento dello spread? Ovviamente, no. Essi sono stati venduti a un valore nominale e quel valore nominale lo Stato restituirà a chi si presenta all’incasso esibendogli il BTP BuonTemPone (che poi, nel turbinoso passamano del decennio, il BuonTemPone abbia arricchito Paperone e impoverito Paperino, è un’altra faccenda: lui, come già detto, ama i saliscendi). Ma neppure sulle cedole fisse, nel frattempo pagate dallo Stato, lo spread avrà influito: ad esempio, 4,50 per quelli del 2007 e 0,25 per quelli del 2015.

E allora perché dobbiamo temere un rialzo dello spread? Perché esso, misurando la temperatura dei rendimenti dei BTP già emessi e circolanti nel mercato secondario, influenza la temperatura  (cioè i prezzi) dei titoli di nuova emissione. Se io, banca Squalo, mi accorgo che tu, Stato italiano, sei meno affidabile (perché il BuonTemPone che hai messo all’asta in quel bel dì, ne ha combinate di ogni colore in giro per il mondo, perdendo via via il suo valore), allora i titoli di nuova emissione li comprerò, ma a un prezzo ben più basso del loro valore nominale (e magari a un interesse più alto). Quindi, il famoso spread è misurato sul rendimento dei titoli di vecchia emissione, ma – per la casse dello Stato – impatta sui rendimenti di quelli di nuova immissione. Non solo: lo spread influenzerà anche e soprattutto i BTP (che sono titoli bramati dagli speculatori e che distribuiscono cedole) più che i BOT e CCT (i quali sono più un prodotto per prudenti risparmiatori e non distribuiscono cedole). Alla prossima.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com

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