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L’EURISTICA E L’EUROMISTICA

euristica3Arriva la primavera, gli uccellini cinguettano sui rami, le rondini tornano dall’Africa e il Corrierone si sveglia da un lungo letargo scoprendo l’America e cioè che in Europa, forse, c’è un deficit di democrazia. Ci scusiamo con i clienti per il ritardo (ventennale), ma è un’intuizione che merita la prima pagina e un’articolessa del nostro editorialista di punta. Così, il 15 di marzo, il professor Panebianco viene sparato di spalla con un pezzo dove ci spiega che i famosi patti intergovernativi (i trattati su cui si regge l’Unione e a cui soggiacciono gli Stati) confliggono con l’esigenza che gli esecutivi di ciascuno Stato, in ossequio al principio di democrazia rappresentativa, rispondano invece ai loro elettorati. Okay, facciamo pure finta di essere sorpresi, non ce n’eravamo accorti e per fortuna che il Corriere ci ha fatto lo scoop. Ma non è questo, pur significativo, l’ingrediente succulento dell’articolo.  È, piuttosto, quest’altro: “Un’uscita della Grecia dall’euro sarebbe una catastrofe per l’Europa, dicono quasi tutti. E se lo dicono quasi tutti sarà vero”. In due righe strepitose l’involontaria fotografia di un’epoca dove le idee e le convinzioni non sono frutto di una meditata informazione, di un’analisi dei dati, di una lettura dei trattati, ma del ‘si dice’. E siccome lo dicono tutti, significa che è vero, ci ammonisce uno dei nostri commentatori di riferimento. Questo è il mondo di cui siamo parte, parzialmente colpevoli e parzialmente vittime: colpevoli di un’invincibile pigrizia e vittime di un’ingestibile complessità. Da un secondo all’altro si affastellano troppe variabili, troppe conoscenze, troppe fonti (apparentemente) indipendenti di quelle  stesse conoscenze e così il cervello va in tilt. Non lo diciamo noi, lo dicono i fondamentali degli studi di sociologia. La cifra della post modernità è proprio l’iper complessità che manda in cortocircuito i neuroni. Al punto che persino gli opinionisti, che dovrebbero decifrare per noi la realtà, si adagiano sulla comoda amaca del gossip: lo dicono tutti, ci sarà pure un motivo. Questo stratagemma cognitivo, studiato dalla psicologia sociale, si chiama euristica ovvero ‘scorciatoia del pensiero’. Non c’è niente di male, o di strano, è un noto processo di difesa dalla complessità che, anzi, potrebbe suggerire un neologismo interessante: l’euromistica, id est l’euristica declinata sui temi europei o, se preferite, lo sguardo mistico applicato al discorso sull’Europa Unita che è perché deve essere, tipo le apparizioni mariane che danno per scontata la Madonna.  Comunque sia, e comunque vogliate definirlo, ciò che spaventa di un simile approccio è che diventi la categoria ermeneutica per eccellenza anche di chi, per mestiere, dovrebbe orientarci. Nell’articolo citato, ci sono anche altre chicche del genere: “Grexit, dicono tante voci autorevoli, sarebbe un disastro. E chi siamo noi per dubitarne?”. Capito? Dunque, una delle voci più autorevoli in circolazione sposa la vulgata corrente perché altre voci autorevoli (quali? Quante?) la accettano. È l’apoteosi dell’autoreferenzialità. Il sistema vive di voci, si alimenta di pettegolezzi da barbiere, e i ‘cani da guardia della democrazia’ (epiteto agognato dai giornalisti d’antan) proprio a quelle voci si rifanno per dare un prezioso parere. A dirla tutta, è un meccanismo logico persino peggiore di quello fatto proprio  dai complottisti e tanto vituperato dalle penne ‘per bene’. Per lo meno, il complottista muove da elementi oggettivi e inconfutabili (di cui è fanatico), li mette in fila come perline e poi ci ricava, o ci  ‘vede’, una collana da strangolamento, vale a dire un disegno superiore volto al male. Chi imbocca questa china, di solito, si becca del paranoico, anzi del ‘cospirazionista’ (l’insulto prediletto dai seguaci del Pensiero Comune Condiviso), ma, se non altro, ha il merito di salpare dal molo concreto dei dati di realtà prima di approdare  all’isola astratta delle ipotesi dell’irrealtà. L’euromistico, invece, perviene a conclusioni ‘realistiche’ impastate di common sense  partendo dalla matassa irrealistica  e nebulosa delle chiacchiere da cortile. Innescando così quei fenomenali soliloqui tautologici di cui si riempiono la bocca (e ci riempiono le orecchie) molti  politici di spicco e intellettuali di rango: non si può uscire dall’Europa perché non si può uscire dall’Europa; il distacco dall’euro sarebbe una catastrofe perché sarebbe una catastrofe; gli euroscettici sono antistorici perché vanno contro il corso della storia. Oppure, nella variabile più colta e raffinata: la Grecia non può uscire dall’Euro perché sarebbe una catastrofe e sarebbe una catastrofe perché lo dicono tutti; oppure: se tutti dicono che uscire dall’Euro sarebbe una catastrofe ci sarà ben una ragione? ‘È meglio vivere senza catastrofi che con le catastrofi’ chioserebbe il mitico Catalano di Quelli della Notte. Ecco, ci siamo trasformati tutti in ‘Quelli della Notte della Ragione’ e abbiamo disimparato a imparare oppure appreso ad apprendere le bufale autocertificate dai media, bufale DOC (Depurate di Ogni Concretezza). Però non scoraggiatevi. Non dovete per forza trasformarvi in complottisti per sfuggire alla trappola dell’euromistica. Vi basta separare il grano dal loglio, setacciando la grana grossa delle ‘notizie’ inutili (che raccontano senza andare alla radice) e trasformando voi stessi in giornalisti self help, surrogandovi così nel ruolo cui la Grande Stampa ha abdicato. Ad esempio, non serve attendere che il Corriere annusi il profumo delle viole per capire che l’Unione è una struttura intimamente a-democratica o, a dir meglio, oligarchica per vocazione. Vi basta cliccare sul sito ufficiale della Ue dove albergano autentici deliri giuridico-istituzionali del tipo che,  ai sensi dell’art. 289 del TFUE, la Commissione, un organo di ventotto soggetti di ventotto idiomi differenti, rigorosamente non eletti, fa le ‘leggi’ (chiamiamole così per comodità) che il Consiglio della Ue poi approva, mentre il Parlamento (unico organo eletto) può approvare o respingere i testi sottopostigli epperò, se  li respinge, il Consiglio non è obbligato a tenerne conto. Chiudiamo con un monito tratto dal corsivo di Panebianco: “Conta poco il fatto che nella propaganda antieuropea ci siano, oltre a qualche verità, anche diverse bugie”. Ha ragione il professore. Conta molto di più che nella propaganda euromistica ci siano, oltre a pochissime verità, una caterva di menzogne.

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