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NON C’È PIÙ RELIGIONE (DI QUESTA)

non c'è piu religioneCome la prendereste se qualcuno vi dicesse che vivete nell’epoca più religiosa della storia, quella connotata dallo slancio mistico e dal fervore più intenso? Vi mettereste a ridere. Dopotutto, una certezza acquisita, studiando all’università o abbeverandovi ai sermoncini dei sociologi, è che la presente è l’era del laicismo imperante, del crepuscolo del sacro, del tramonto dei valori trascendenti che avevano ispirato e guidato le vite dei nostri nonni e avi. Eppure quel qualcuno avrebbe ragione.

Siamo immersi, come nel liquido amniotico, in una civiltà che è una placenta imperforabile di sensibilità, credenze e precetti ‘religiosi’. Non ce ne rendiamo conto perché ci muoviamo in un contesto dove è stato cancellato il perno centrale della religiosità, cioè Dio. Se prendete la definizione di religione dello Zingarelli (‘atteggiamenti e comportamenti che corrispondono al sentimento di dipendenza della creatura dal mondo divino’) e togliete l’aggettivo finale vi accorgerete che il ragionamento fila. Vi ‘ricorderete’ che la cifra della vostra esistenza (che siate credenti o meno, atei o agnostici) è uno smisurato senso di dipendenza da qualcosa. Se non ci facessimo fuorviare dal concetto di ‘Dio’ che è poi soggettivo e declinabile in tante forme quante sono le religioni rivelate, e andassimo al cuore della questione, capiremmo che l’essere religiosi non ha tanto a che fare con il credere in un dio, quanto, piuttosto, con il credere in qualcosa di indimostrato o indimostrabile. Ebbene, l’Europa attuale è impastata di spirito ‘religioso’, nell’accezione anzidetta, più di quanto non lo fosse il continente dieci secoli fa. Lasciate stare l’apparente contraddizione della mancanza di radici cristiane nei progetti costituenti della UE e della asserita deriva laicista delle istituzioni comunitarie. Mancanza e deriva ci sono, ma non è questo che conta perché qui non ci interessa il dio a cui vi re-legate (con mani, piedi e, soprattutto, mente e cuori). Ci interessa il fatto che voi lo facciate, che cioè questa generazione sia stata re-legata attorno a un Sistema eminentemente re-ligioso. E tanto più lo è quanto più pervasiva (rispetto all’alto medioevo) si rivela la cappa mediatica che veicola i postulati della nuova fede. La religione dei nostri tempi si riassume in una triade di concetti: supremazia finanziaria, potere bancario, vincolo del debito. Siamo stati indotti, anzi sedotti, a credere nella preminenza della finanza su ogni altro aspetto della vita. Ci svegliamo e andiamo a dormire preoccupati di come si sono svegliate o addormentate le borse. È  un impero dove non tramonta mail il sole perché il Fuzzy Mib o il Down Jones si danno il turno con gli indici borsistici di ogni latitudine e producono interessi e bruciano miliardi come i santi dispensano miracoli, senza requie. Se vi chiedete perché accade, vi rispondono che l’economia dei capitali spinge il mondo e voi lo accettate senza discutere, così come, senza discutere, l’homo medievalis accettava che il sole di Keplero ruotasse attorno all’uomo. Anche se è assurdo che da un manipolo di scommettitori globali speculanti sulle nostre tasche dipenda il futuro dei nostri figli, persino i nipotini di Gramsci impegnati in politica, braccia rubate all’agricoltura, passano le loro notti a escogitare nuovi modi per far piangere i lavoratori e godere i mercati. Quanto al potere bancario, lo intuiamo (più che conoscerlo) simile a una dimensione che genera i soldi tipo i cavoli coi bambini. Ci dev’essere un perché e anche un percome, ma è troppo complesso, quindi ci fidiamo e crediamo nella sua logica intrinseca. Meno dell’un per cento della popolazione nutre dubbi in proposito perché è convinta di conoscere già ciò che le serve e le basta. Del resto, una percentuale prossima allo zero degli opinionisti e di chi fa informazione se ne occupa. È un dato di realtà, come il Natale che (insegna lo spot del panettone) quando arriva, arriva. È una zona grigia, una plaga nebbiosa, di cui nulla si sa e tutto si ignora. La si dà per acquisita come l’homo medievalis dava per acquisito il destino infernale che inghiottiva i peccatori nell’aldilà. Ecco la quintessenza ‘religiosa’ dell’Evo decadente attuale e dei suoi protagonisti. Uomini intrisi di mentalità scientifica, che hanno dissacrato i totem dei padri, non si riconoscono più in madonne e tabernacoli, divenuti così relativi da esigere persino la frantumazione delle differenze di genere. Eppure, più religiosi di un flagellante del Duecento. Ottusamente religiosi, aggiungerei. Subiscono senza discutere e senza protestare l’autorità di quel pontefice massimo che è il presidente della BCE. E anche della BCE nulla sanno, se non che, per qualche insondabile disegno, detiene il potere sovrano e primevo di condizionare la vita di tutti senza che nessuno glielo abbia conferito. D’altro canto, chi si è mai accorto che delle banche centrali non si parla né nella costituzione italiana né nei trattati europei se non per dire che sono ‘indipendenti’? Indipendenti da cosa, da chi? Come fanno a essere indipendenti dall’unica fonte in grado di conferire legittimazione, cioè il potere politico e, in ultima analisi, il popolo da cui ogni struttura ed istituzione pubblica, per definizione, dovrebbe necessariamente dipendere? Un mistero più fitto di quello trinitario, ma, al pari di esso, imperscrutabile. Oppure pensate a quella straordinaria icona della contemporaneità che è la fototessera dell’istituto di Francoforte. Quante volte i tigì vi hanno mostrato l’istantanea dell’Eurotower vista dal basso col ciclopico logo dell’euro in primo piano che si divora lo schermo mentre voi, impantofolati in divano, osservate, soggiogati, la base del Mostro? Quel flash vale più di mille discorsi (mai fatti), di mille domande (mai poste), di mille risposte (mai date). Il potere bancario è perché è. Promana dall’alto, insuffla di sé ogni cosa, tipo un’essenza neoplatonica e taglia, a benevola discrezione, il costo del denaro, come l’Abbà buono della Sacre Scritture condona il figliol prodigo. In ogni caso, è un Principio Primo che non va messo in discussione. Veniamo al debito. Anche un idiot savant lo capisce: sia quello sovrano degli stati sia quello privato delle famiglie (alimentato dal credito al consumo) è, di fatto, inestinguibile perché ce lo fanno saldare contraendone di nuovo. In realtà, il debito non deve né può scomparire perché è l’equivalente del peccato, originale o sopravvenuto, di tutte le tradizioni religiose. Togliete il peccato e la religione non si regge. Togliete il debito e la civiltà basata su supremazia finanziaria e potere bancario si sfalda. Anche il debito, quindi, è intimamente ‘religioso’. Noi ci crediamo e gli affidiamo le nostre vite. E non potremmo non farlo visto che nessuno mai ci ha insegnato a formarci un’opinione nostra, ma soprattutto alternativa,  in proposito. Ci hanno indottrinati a sovvertire tutto, tranne gli assiomi su cui si regge questa bislacca civiltà. Non a caso, qual è l’unica materia bandita dalle scuole dell’obbligo? L’economia. Vige l’obbligo di non parlarne. Ha senso investigare le basi razionali di qualcosa di irrazionale come la fede? No. E così siamo approdati a quest’era di increduli credenti che lavorano come schiavi per arrivare a casa, la sera, a cibarsi della solita sbobba, cucinata con le solite quattro parole (pronunciate dai soliti cuochi servili), immutabili come i grani del rosario: competitività, debito pubblico, deficit, crescita, flessibilità, riforme strutturali. Ci siamo impoveriti anche nel linguaggio come si conviene a tutte le sette dove è tollerato solo il pensiero unico propalato dal capo carismatico. Significa che siamo una setta? Sì, a tutti gli effetti. Una setta di settecento milioni di persone inzuppate nella Nuova Religione come i crostoli nell’olio fritto. E le religioni hanno una loro biografia fatta di un incipit, di un acme e di un declino. L’acme è il tempo dei roghi e delle persecuzioni. Ci siamo vicini.

Francesco Carraro

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