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PEPERONATRIX

smithLa peperonata è bestiale. Non è che fa male. Perché è buona, in verità. Ma come tutte le cose buone – chissà perché – assunta in dosi massicce, la peperonata fa male: dicono provochi indigestioni e attacchi di allucinazioni. Il 17 di marzo ho esagerato con la peperonata e, a un tratto, mi è parso che il plasma acceso della tv – sintonizzato su non so quale tiggì dei mille tiggì tutti uguali – rilucesse di un cromatismo irregolare. Stavano trasmettendo una diretta da Montecitorio dove i parlamentari, seduti compunti sulle cadreghe foderate di velluto bordeaux, il volto di circostanza degli scolari ossequiosi, assistevano all’avvicendarsi di una sfilata di pezzi grossi sugli alti scranni della Camera. Mi sono stropicciato gli occhi, schioccando la lingua sul palato impeperonato. Uno dopo l’altro, hanno preso la parola degli augusti personaggi. Io capivo che erano augusti dal modo in cui l’uditorio li applaudiva e blandiva e vezzeggiava, ma essi erano – credetemi – indistinguibili. Ciascuno aveva le fattezze del cattivissimo di Matrix; ve lo ricordate Mister Smith? Parlo dell’agente segreto della matrice informatica con licenza di cacciare ed estinguere gli umani svegliatisi dal sonno digitale. Era proprio lui, garantito: scarpe in pelle di vitello-nero-petrolio, calzoni aderenti a sigaretta, giacchino di sartoria, l’eleganza compassata di un pittbull e, negli occhi cerulei, una opaca e maligna fissità. Ebbene, ho visto Mister Smith alternarsi a Mister Smith e lasciare il posto a Mister Smith. Essi si turnavano sul podio, compiaciuti cloni di se stessi, auspicando un avvenire presentabile e cioè sovrapponibile al presente. Il primo di loro ha detto: “È paradossale prospettare oggi, in piena globalizzazione, la disgregazione dell’Unione e il ritorno ad assetti istituzionali ottocenteschi”. Poi si è fatto avanti il secondo e ha sentenziato: “Si è passati da un governo della Commissione a pretese di sovranità dei singoli paesi e i singoli paesi non ce la possono fare contro la globalizzazione”. Il terzo, lisciandosi i capelli impomatati, ha ammonito: “L’Ue va cambiata ma non va distrutta o indebolita”. Il quarto, assestando sul naso gli occhiali scuri a mandorla, ha suggerito: “Contro nazionalismi e protezionismo che ci minacciano, ancora una volta la priorità è la pace, affidato al ruolo dell’Europa Unita”. E ancora un altro, le labbra piegate in un ghigno minaccioso: “Questo è il momento di difendere i valori Ue per evitare di rimpiangerli”. Sudavo freddo e, in preda all’angoscia, mi sono ricordato di Morpheus, il capo dei ribelli che,  nel film, somministra le capsule in grado di restituirti alla realtà. Egli era seduto accanto a me, putacaso. E mi ha fatto il solito quiz, putacaso, in salsa casalinga: peperonata blu se vuoi continuare a dormire, peperonata rossa se vuoi risvegliarti nel mondo vero. Manco fossi Neo, maledizione alla mia presunzione, ho scelto la seconda. Avverto un gorgoglio digestivo nello stomaco e la vista mi si aggiusta. I Mister Smith sono spariti. Al loro posto, una vischiosa melassa di facce note: Napolitano, Tajani, Boldrini, Tusk, Gentiloni, Prodi. Cacchio! Era meglio Mister Smith. Mi giro per dire a Morpheus che ho cambiato idea, che quelli là nunlireggae chiù, ma Morpheus non c’è più. Mannaggia a lui. La prossima volta, peperonata  blu.

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