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VIVA I PAPPONI CON I POMODORI

PAPPAChe dire dei papponi di Stato? Sta facendo montare la rabbia del pueblo un’inchiesta, giusta, sui privilegi di tanti baroni coevi cresciuti a chiacchiera e distintivo. Boiardi di Stato, intellettualoni, registi, cantanti, tutti colpevoli di aver beneficiato di una singolare prebenda: rendite da migliaia di euro al mese tutt’ora percepite a fronte di contributi lillipuziani rispetto al ‘ritorno’ lucrato. Trascuriamo, per un attimo, le grida di scandalo e concentriamoci su due considerazioni che pochi hanno avuto il coraggio (o la consapevolezza) di fare. Primo: il cento per cento degli italiani avrebbe usufruito senza batter ciglio delle erogazioni ‘liberali’ di uno Stato da sempre munifico con chi accede alle supreme cadreghe del potere. La prova? Non risulta un solo caso di destinatario dell’assegno che lo abbia rifiutato perché immorale o ingiustificato o iniquo. Tutti gli eletti hanno incassato (e incassano) la mancia senza batter ciglio. E, per la gran parte, si tratta di miliardari a prescindere che, con il gettito elargito da Pantalone, ci pagano caffè e brioche alla servitù. Una piccola minoranza ne ha davvero necessità e si giustifica con un classico evergreen: teniamo famiglia. Infine ci sono gli altezzosi che sfanculano, dall’alto di una supposta superiorità cerebrale, chi osa criticarli e rispondono (parole testuali di un barbuto uomo di punta della nostra elite del Pensiero): “Che li tolgano i vitalizi, magari non soltanto a me. Non me ne frega un cazzo”. Come se giovarsi con menefreghismo di un privilegio rendesse il ‘pappone’ meno pappone degli altri. Ma veniamo alla seconda considerazione: ha a che fare con il motivo per cui i titolari di incarichi elettivi pubblici sono remunerati in modo tanto oltraggioso e pacchiano da risultare grottesco. Non è difficile da capire: i papponi sono lautamente stipendiati prima, durante e dopo lo svolgimento del loro mandato per non pensare né prima, né durante né dopo. Sono i figuranti di una trama ai medesimi ignota, pagati per premere bottoni, alzare le mani quando serve, abbassare la testa quanto basta e recitare le poche battute di un copione già scritto. È una funzione umiliante, ma è ciò che tocca fare a chi va in scena a pigliarsi i pomodori per colpa di uno show disgustoso scritto e diretto da altri. Ci vuole stomaco per inghiottire certi bocconi e ci vuole grana per mandarli giù. Tutto qua. Le rendite sono la camomilla di cui il Sistema ti gratifica quando hai recitato la tua parte, per continuare a dormire, quando te ne vai, e per non disturbare il sonno degli attori che verranno. Viva i papponi con i pomodori.

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