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BRIGANTE E MEZZO

valeNell’epica incornata fra Valentino e Marc Marquez c’è materiale in abbondanza per una speculazione etica. Allora speculiamo. Quello che ha fatto il Vale è stato sanzionato dalla legge e anche dai professionisti della morale applicata allo sport. Il nostro mitologico centauro è stato biasimato anche da un altro grande (ex) protagonista del circo della Moto GP, Casey Stoner. Ora, Stoner sta a Valentino come taluni personaggi di Fedor Dostoevskij stanno a taluni personaggi di Mark Twain. Lo diciamo con tutta l’ammirazione di chi ha letto l’autobiografia del campione australiano, ‘Oltre ogni limite’. Casey, oltre a essere forse il più forte pilota di ogni tempo (ebbene sì, anche di Rossi) trasuda candore e pulizia da ogni poro. Era, davvero, un competitore forgiato sul granito duro della lealtà e del rispetto senza se e senza ma. Stoner ha abbandonato le corse anche perché disgustato da un certo modo bizantino di interpretarne i regolamenti, da una certa gesuitica doppiezza di chi tiene le redini del mondiale, dagli organizzatori ai giudici ai patrons dei super team. Casey non poteva tollerare di correre in autodromi curvi dove le linee di condotta non fossero perfettamente dritte. Onore a lui. Vale ha un approccio più burrascoso e goliardico a quella stessa dimensione (le piste e il rombo della Moto GP) che aveva espulso Casey come un corpo estraneo. Rossi è più adattabile, più gioioso, meno stoico e più epicureo del suo antico avversario. Eppure, in ciò che ha fatto a Marquez c’è del buono e del giusto. Perché lo spagnolo dal ghigno infantile si stava sportivamente dando da fare per violare ogni regola non scritta dello sport. Tipo quella che ti impone di non correre per danneggiare qualcuno, ma per far trionfare te stesso. Invece, Marc ha ipocritamente deciso di rispettare la forma della giustizia, fottendosene della sostanza. A lui non importava Lorenzo e così lo ha lasciato andare, a lui premeva che l’italiano non entrasse nella leggenda e così ha dato di gomito, e di gas, per impedirglielo, senza farsi sgamare dai giudici. E (quasi) tutto il mondo, sulle prime, c’è cascato: Marc stava correndo al meglio, Vale l’ha buttato fuori. Facile capire dov’è il dritto e dove lo storto, direte. Pollice verso per il fenomeno di Tavullia. E invece no. Vale ha semplicemente reagito duro a uno che lo voleva segare facendo finta di attenersi alle norme. Pensate a quante volte vi sarà capitato di subire un’ingiustizia siffatta (sul lavoro, negli affetti, in famiglia): uno sgarbo non denunciabile perché apparentemente lecito. Ecco, Vale ha applicato un canagliesco slogan: a brigante, brigante e mezzo. Non sarà signorile, non odorerà di fair play, ma ci piace un casino. Vale è stato sincero fino in fondo nello smacchiare il giaguaro. Ci voleva lui, in quella determinata e irripetibile circostanza. Casey non l’avrebbe mai fatto e, così, Marc non avrebbe appreso alcuna lezione. Vale sì. Casey no. Ma non scegliamo. Scusate il testacoda morale, ma, per quanto strano, hanno ragione tutti e due. E se non riusciamo a non tifare, appassionatamente, per entrambi, siamo però felici che Marquez non abbia incontrato un puro, ma un brigante e mezzo.

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