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Correggimi se sbaglio

Aldilà dei tecnicismi, degli inglesismi, delle contorsioni prolisse e barocche di ogni documento partorito nel pensatoio paneuropeista, la direttiva sul copyright è un esempio magnifico del modus operandi delle autorità comunitarie: ammantare, col pan di zucchero della retorica, dei polpettoni velenosissimi. Il nocciolo insidioso non lo vedi, perché è eclissato sotto soffici strati di glassa, ma c’è. Ed è anche l’unico che conta. Ma – proprio perché occultato – non lo si nota, e quindi non suscita allarmi. Di più: proprio perché coperto dalla glassa, si è portati a parlare solo della glassa che è buona, pastosa e zuccherata. Nel caso di specie, la glassa è guarnita da un serie di ingredienti (argomentazioni) ineccepibili. Primo: la direttiva tutela il diritto d’autore. Chi può opporsi a un intento così nobile? Secondo: la direttiva va contro la prepotenza dei giganti del web. Chi ci trova da ridire? Terzo: la direttiva consentirà di corrispondere le royalties dovute ai tanti creativi (tra cui noi e voi che internet lo usiamo per dispensare a gratis i nostri pensieri) privi di tutela. Chi osa contraddire?

Proviamo, però, per un attimo, a concentrarci sul nocciolo e non sulla glassa. Il nocciolo è l’articolo 13 della direttiva con il quale sostanzialmente si commina un divieto e si dispensa un ordine. Il divieto è quello di usare, senza prima pagarli, i cosiddetti snippet (quei link di poche parole con una immaginetta accattivante che rimandano ai testi dell’articolo di una testata, magari di prestigio). L’ordine è quello, impartito ai provider, di censurare, cancellandoli preventivamente con l’uso di sofisticati algoritmi (gli upload filter), tutti gli scritti contenenti un richiamo ad altre fonti di cui non si possegga la licenza perché non regolarmente remunerata in precedenza. Quale sarà l’effetto? Da un lato quello di criminalizzare non già il plagio, ma addirittura la citazione. Dicesi plagio il copia incolla, dicesi citazione il rimando alle parole di un altro di cui si riportano le generalità. Dunque, i piccoli creativi del web – quelli che inondano la rete di riflessioni dedicandovi tempo ed energie, magari a costo alto e ricavo zero, in nome della pura passione per la scrittura o il dibattito – non potranno più inserire, nel corpo dei loro testi, nei frame dei loro video, i link a pezzi di grande richiamo. E, se lo faranno, otterranno in premio l’ostracismo digitale. Saranno cancellati.

Cogliete la follia di fondo? Sarebbe come se, in ambito accademico, un ricercatore dovesse retribuire tutte le fonti citate in un proprio lavoro o ottenerne previamente l’assenso prima di pubblicare un testo che le menzioni. Ma andate all’osso, mirate l’inquietante risultato finale: la rete, un tempo libera per definizione, depurata di tutta la ‘gramigna’ (e cioè le opinioni eccentriche e perciò disfunzionali al sistema) e pullulante, invece, di notizie accurate, ‘ripulite’, certificate (doc, come la mozzarella di bufala) dell’informazione ufficiale dei media mainstream. Proprio quelli – guarda caso – che tirano la volata alla direttiva in questione. Dopo la censura preventiva del linguaggio, affidata alle paranoie del politicamente corretto, avremo anche quella del ‘tecnologicamente corretto’. Sta nascendo il mondo nuovo, amici, e somiglia sempre più a una casa di correzione.

Francesco Carraro

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