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DERRIDA DERIDE

NAPOPuò un grande filosofo del Novecento, Jacques Derrida, aiutarci a decifrare un piccolo politico del Novecento, Giorgio Napolitano? Può. Grazie alla decostruzione che è poi la cifra, il metodo, il fine di tutto il pensiero dell’intellettuale franco algerino. Decostruire significa smontare un testo scritto per attingere alla radice intima e profonda dei suoi nessi reali, ma occulti, sostanziali, ma coperti. Insomma – detto altrimenti – la decostruzione è una demistificazione della parola e un ritorno ai suoi inesplicati sottintesi, alle sue incoerenze inespresse. Applichiamoci allora sul testo di una lunga intervista di Mario Calabresi al nostro past president pubblicata sul quotidiano Repubblica. Tra le altre perle spiccano diamanti come questo – a proposito della necessità di rivedere l’Italicum -: “Non mi sono mai posto il problema di trovare un marchingegno per impedire una possibile vittoria dei Cinque Stelle”. Decostruzione: Napolitano intende esattamente il contrario di quanto il cronista riporta. Egli non si è mai posto il problema di trovare un marchingegno per impedire la vittoria pentastellata proprio perché il problema era già stato risolto a monte dal devoto premier Renzi, e la soluzione di chiamava ballottaggio. Nel momento in cui si profila all’orizzonte la possibilità di una vittoria di misura dei grillini ecco palesarsi i dubbi amletici del glorioso monarca. Altro rubino scintillante: “Si rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40% dei voti”. Decostruzione: ben svegliato sire, gradisce un caffè? Anche Napolitano, dopo un lungo e intorpidito letargo se n’è (apparentemente) accorto, Trattasi della principale critica, di elementare intelligenza e ordinario buon senso, rivolta all’Italicum da qualsiasi osservatore non prevenuto. In realtà, Giorgio intendeva dire: “Si rischia di consegnare il 54% dei seggi ai 5 stelle”. Fintantoché il medesimo rischio riguardava un partito (il PD) sdraiato sull’europeismo coatto e gradito ai mercati delle grandi cancellerie internazionali, il problema non si poneva. Ultima pietra preziosa: “i governi europei devono avere il coraggio di richiami forti a elementi di coesione, di disciplina, in sostanza di riaffermazione dell’autorità delle norme e delle istituzioni comuni”. Decostruzione: a costo di usare le maniere forti con i dissidenti, bisogna spegnere sul nascere i conati nazionalistici di rivendicazione popolare delle sovranità nazionali schiacciate dalla deriva autocratica di Bruxelles. Okay, scusate, messa così è troppo complicata. Decostruzione della decostruzione: Unione Sovietica, mon amour.

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