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EQUO CANONE

PAPERINOL’altro giorno è successo un gran casino al Ministero dell’economia. I tecnici del ministro e i pards di Renzi si sono accapigliati di brutto su una questione fondamentale sulla quale si giocava l’immagine del Governo. Siamo o non siamo i tutori della Sinistra e quindi di tutto ciò che ci va dietro: solidarietà, attenzione al popolo, lotta dura e senza paura alle corporations? I vice Padoan si guardavano e ghignavano, sornioni. Della serie, qui non stiamo mica a pettinare il pelo agli zerbini, come direbbe Bersani. Qui facciamo business, attiriamo investimenti, promuoviamo l’immagine italiana nel mondo, insomma vendiamo un brand. I renziani non volevano sentire ragioni e cercavano di spiegare ai manutengoli della macchina governativa che, oggidì, senza una vision, senza una missione, senza un dream non vai da nessuna parte. Ci vuole passione e verbo, tanto verbo, per entusiasmare le masse, bisogna incantare la gente con un avvenire in cui possa identificarsi. Intanto che gli economisti si scompisciavano dal ridere, il problema restava insoluto. E il problema riguardava l’arcipelago di Foggia, un piccolo paradiso della biodiversità nonché area marina protetta dal 1989. Il Ministero dello Sviluppo economico aveva appena concesso il diritto alla società irlandese Petrocelic di ispezionare le sponde foggiane in cerca di oro nero. Con tutto quel che ne segue: inquinamento, air gun, rischio di devastazione di uno degli ecosistemi marini più belli del mondo. E allora? Dove sta la magagna? Chiedevano gli executors tecnocrati ai politici del yes we can. Nel fatto che la società incaricata è sull’orlo del fallimento? ‘Ma no’ han risposto i vicecapi, ‘che scherzate? La selezione la fa il mercato, tanto, se poi fallisce, i danni li spalmiamo per grandi numeri su tutti gli italiani e facciamo medie procapite ridicole’. ‘E dunque?,’ incalzavano i cultori della competitività, ‘Vi scandalizzerete mica perché la concessione è arrivata a 24 ore dal varo di quella legge che mette paletti più stretti alle compagnie petrolifere?’. ‘Ma siete scemi?’ replicavano i Ringo boys, ‘quelle son cose che capitano, la fortuna è quando l’intuito incontra l’occasione’. ‘Insomma, che minchia rompete?’ Hanno urlato i Padoan’s supporters. Alla fine, i politici hanno sputato il rospo: non si può affittare un tratto di mare nazionale così bello di 370 chilometri quadri a quel prezzo ridicolo di 1.500 euro l’anno. ‘Gli elettori del Pd non capirebbero,’ hanno spiegato. Vabbè, facciamo 1.600. No, 2.500. Massimo milleotto. Non scendiamo sotto i dueedue. A un passo dalla rottura, ha prevalso il buon senso. Una telefonata chiarificatrice tra i due boss ha sistemato le cose. Il canone annuo che lo Stato riscuoterà dai petrolieri per dargli la possibilità di sventrare una piccola provincia acquatica pubblica sarà di 2.000 euro circa. All’anno. E dal vertice della piramide è già partita la narrazione: grazie alle trivelle dei potenti, noi faremo gli investimenti. Sempre più intelligenti.

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