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GENTE DI DUBLINO

DUBLINDa noi vogliono la grana. Tanta, maledetta e subito. Che ce la chieda il MES o il PAC o la BCE, all’Europa interessano i nostri soldi. Se vi capita, per caso, di svegliarvi dal torpore dell’indignazione a gettone (quella che vi fa odiare i dannati politici nostrani, ladri, corrotti e farabutti), andate a curiosare tra le cifre del saldo dare-avere tra noi e la UE. Nel decennio 1995-2006 (fonte Eurispes) abbiamo dato 135,30 miliardi di euro di ‘contributi’ e ne abbiamo ricevuti (come fondi generosamente concessi) 105. Sbilancio a nostro favore di 30,3 miliardi. L’idrovora comunitaria non è mai sazia di piccioli però ci lascia volentieri gli esseri umani. Siccome la UE  è un sogno fondato sui sacri principi della solidarietà e dell’uguaglianza e della libertà di iniziativa economica (quei valori che mandano in sollucchero il Renzi quando spara i pistolotti europeisti in TV), allora, se si tratta di migranti, Sua Maestà si scopre magnanima. E ci prega di non insistere che non ne vuole manco uno, di sbarcato. L’Italia sia orgogliosa della lunga tradizione di ospitalità che la connota. E hanno trovato persino il codicillo per imporcelo: la Convenzione di Dublino del 1990 impone allo stato in cui approda un disperato di schedarlo, prendergli le impronte e dargli asilo. Ma non solo. Se poi il derelitto abbandona le italiche sponde preferendo altri paesi come la Svezia, l’Olanda, la Germania, viene ricacciato da noi in forza della Convenzione di Ginevra del 1951 che recita, più o meno: chi non può essere ricondotto nel paese d’origine da cui era perseguitato deve essere riaccompagnato in quello di prima accoglienza. E quale sarà mai? Ogni anno quindicimila profughi vengono rispediti nello stivale, inevitabile terra d’aiuto.  Diabolicamente astuta l’Europa: da noi vuole la grana, mica le grane.

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