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PAPPA E CUCCIA

cicciaI cani da guardia della democrazia mondiale, cioè i grandi trust della notizia affidabile (televisioni, giornaloni e prime firme ai medesimi affiliate) hanno fatto una scoperta sconvolgente. Trump sarebbe condizionato, nelle sue mosse, dai poteri forti di Wall Street e della finanza predatoria. Il suo ciuffo arancione, infatti, si appresterebbe, nientepopodimeno, che ad affossare la legge Dodd Frank varata dall’amministrazione Obama. La norma in questione  intendeva scongiurare i nefasti effetti della speculazione assassina responsabile della grande crisi. In particolare, l’uomo agirebbe su diretto impulso di Gary Cohn, capo consigliere economico della Casa Bianca il quale è, udite udite, l’ex direttore generale di Goldman Sachs. A saperlo c’è da chiudersi in casa a piangere per una settimana. L’idea che l’esponente della più grande e indipendente democrazia di tutti i tempi agisca sotto schiaffo del fu esponente di una delle più influenti e spietate banche d’affari mondiali è una notiziona da prima pagina. Soprattutto per quelli della mia generazione che vengono dai fasti della irripetibile stagione di BaracKennedy, premio Nobel per la pace, icona della sinistra mondiale e dai fasti precedenti, ma non meno fastosi, di Bill Clinton cui i nostri compagni affidarono persino il compito di coltivare un Ulivo mondiale. Obama sì che era buono e incontaminato, circondato da verginelle offese, ma decise a por fine ai peccati della politica finanziarizzata. Ebbene, il capo del personale del Dipartimento del Tesoro di Barack era Mark Petterson, ex lobbista della Goldman il quale, in un inopinato soprassalto di sincerità, commentando le misure di salvataggio varate dalla amministrazione USA ebbe a dichiarare: “Dobbiamo dirlo, stiamo ricevendo un sussidio. Gli americani sappiano che stanno mettendo il quaranta per cento dei loro soldi e non avranno nulla indietro a livello di assets”. Quanto a Clinton, il suo segretario del tesoro fu Robert Rubin, già consigliere di amministrazione e  co-presidente della Goldman mentre Henry Paulson, già presidente e amministratore delegato del medesimo ente di beneficenza, gli succedette dal 1999 e, con il Troubled asset relief program, salvò la ghirba a un bel po’ di istituti di credito a rischio default. Non basta: fu proprio Clinton ad avallare l’abolizione del  Glass Steagall Act con cui Roosvelt aveva sancito la divisione benefica tra banche commerciali e banche d’affari.  Insomma, viviamo in un pianeta dove – se non vieni da Goldman – ben che ti vada puoi dirigere una bocciofila mentre, se appartieni ai suoi piani alti, mal che ti vada finisci a fare il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti oppure, in subordine, il Presidente del Consiglio italiano. E allora perché questo livore contro Trump? Forse perché lui, anziché eseguire a puntino gli ordini di chi comanda il mondo, fa anche un po’ di testa sua, mentre i suoi predecessori eseguivano e basta. Senonché, Grande Stampa & affini, i cani da guardia della democrazia, tollerano solo la seconda opzione perché – quando provano a simpatizzare per la prima – il padrone gli toglie la pappa. Meglio stare a cuccia.

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