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Piovono soldi, governo ladro?

Una volta, i poveri dicevano: piove, governo ladro! Oggi, i ricchi dicono: piovono soldi, governo ladro! Colpa del reddito di cittadinanza o di dignità, o di gentilezza, chiamatelo come vi pare. Il fatto che non piaccia ai padroni del vapore è abbastanza normale. Ci stupiremmo del contrario. I teorici dell’austerity e i loro seguaci – vale a dire il novantanove per cento dei media generalisti –  hanno un rapporto molto particolare con il denaro e con la giustizia. Non fanno un plissè fintanto che i verdoni vengono distribuiti a pioggia a chi già ne possiede in abbondanza (gli speculatori professionali) o ne ha sprecati a gogò (le banche ‘di sistema’) mentre trovano insopportabilmente volgare che essi siano elargiti al popolino. Il popolino deve campare a brioche, come disse la regina Maria Antonietta, l’economista di riferimento di questi geni della finanza equa. Fin qua niente di strano, dunque.

Ciò che invece sorprende è l’ostilità manifesta nei confronti di questa misura da parte di giornali, opinionisti e politici con più sale in zucca della media. Le critiche da cui è stata biasimata l’idea – e non da parte di Monti e Cottarelli, ma da chi, in teoria, questi personaggi li avversa – lasciano stupefatti. E non solo perché non sarebbe lecito attendersele, ma soprattutto perché non stanno in piedi. La principale censura è la seguente: se date soldi ai disoccupati li sprecate, anziché investirli in attività produttive e per la lotta alla disoccupazione. Da morir dal ridere, in un Paese dove la lotta alla disoccupazione, negli ultimi anni – e per effetto delle ‘lungimiranti’ misure dei ‘fenomenali’ governi precedenti – al massimo ha incrementato il lavoro a cottimo, il precariato coatto e la mobilità trans-regionale dei pendolari dello sfruttamento legalizzato. Ma la comicità dell’obiezione non si ferma qui. I censori del reddito di cittadinanza lo additano quale sperpero. Come se i beneficiari della misura buttassero nel cesso gli spiccioli ricevuti, non appena ricevuti. In realtà, com’è del tutto evidente, quei soldi cominceranno a girare, come fanno tutti i soldi del mondo. E – gira che ti rigira amore bello – probabilmente rilanceranno anche, almeno un pochino, la famosa crescita. In questo momento, l’economia reale ha molto più bisogno di consumi che di produttività. Di prodotti siamo pieni fin sopra i capelli, viviamo nell’epoca storica col più alto tasso di produttività di ogni tempo.

Peccato che un modello potenzialmente in grado inondare di beni miliardi di persone (per infinite generazioni a venire) si sia anche rivelato il più tirchio nell’elargire alle masse i quattrini per comprare quei beni. Lo stesso modello ha sottratto ai cittadini il potere sommamente democratico di gestire la macchinetta stampa banconote che, da qualche parte, in quel di Francoforte, qualcuno maneggia come cazzo gli pare, senza render conto a nessuno, se non ai mercati. Morale? In assenza di una strategia risolutiva, accontentiamoci per ora dei soldi a pioggia, dall’elicottero ministeriale, a chi non ne ha. Ci indebiteremo per farlo? Pazienza. In un mondo che, per vocazione strutturale, ci fa indebitare per arricchire i ricchi, una misura che ci fa indebitare  per arricchire (si fa per dire) i poveri è tanta roba. A prescindere.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com

 

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