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Manuale Pratico Anti-Zombie

E’ in atto un’epidemia Z, la trasformazione della popolazione mondiale in una massa di zombie. Difficile datare l’inizio della pandemia, più facile riconoscerne gli effetti. Siamo assediati da morti viventi che camminano e si muovono e parlano e discettano come esseri umani dotati di cuore e di testa, pur essendone drammaticamente privi, in specie della seconda.

Nell’epidemia, che ha ormai oltrepassato il punto di non ritorno, l’agente patogeno è disciolto nel pattume mediatico propalato da migliaia di vettori, quotidiani, tigì, programmi di entertainment, tutti portatori insani del germe. Tu ascolti oggi, senti domani, rimugini dopodomani, ne parli con un amico, alla fine ti trasformi in uno zombie intellettuale, un morto (cerebrale) che cammina e, soprattutto, diffonde. Un ripetitore strategico che veicola l’infezione tra i suoi simili, zombizza i parenti, i vicini, gli ignavi. C’è un antidoto o almeno un filtro oculare per scoprire se accanto a voi siede uno zombie? No. Però, potete usare le orecchie. Li sgamate da come parlano e da ciò che dicono. Sempre e solo gli stessi mantra, privi di contenuti, vuoti di riscontri, smentiti dai fatti (che gli zombie congenitamente ignorano), supercazzole al cubo con un’unica letale proprietà: zombizzare il mondo. L’epidemia risparmi le alte sfere, anzi. Spesso, gli zombie più zombie (e insidiosi) allignano come acari nel soffice tessuto delle poltrone più prestigiose, si annidano nelle stanze ovattate delle istituzioni, proliferano nelle redazioni dei giornali e nelle aule accademiche, ma prosperano, si gonfiano, gongolano, esplodono la loro mortifera vitalità soprattutto nei salotti dell’alta finanza e dell’elite bancaria internazionale. Eccovi, allora, il manuale antizombie che vi permetterà di snidarli e di tenervi alla larga. Lo zombie letterario gorgoglia suoni inarticolati tipo uhhh, ohhh, grrrrr e usa le braccia come pale meccaniche per ghermire i viventi. Lo zombie reale gesticola con garbo, sfoggia pedigree de luxe, ma, soprattutto, partorisce senza tregua, con trascurabili differenze di tono o di sintassi, stronzate del tipo: è cruciale la reazione dei mercati, ce lo chiede l’Europa, bisogna fare le riforme strutturali, il problema è la spesa pubblica (variante de ‘il dramma del debito pubblico’). Vediamole in ordine sparso, con accanto il bugiardino da medicinale per tenerci in vita. Gli zombie ci narrano dei mercati come di un formicaio di insetti operosi, plotoni di buoni padri di famiglia che sgobbano duro e valutano e poi investono mossi dal fine smithiano di far prosperare (e fruttare) il capitale. Gli zombie non sanno che i mercati sono solo un coagulo sempre meno libero e più concentrato di lobbies e oligarchie finanziarie transnazionali che non creano ricchezza reale nel medio, lungo periodo, ma si baloccano nell’infinitesimo con bolle speculative micidiali. Gli zombie esaltano i mercati quali oculati allocatori di risorse, insufflati di entusiasmo e verve liberali e liberisti e libertari, cani da guardia degli stati spendaccioni. Non sanno che i mercati attuali sono solo agglomerati ottusi pilotati dall’high frequency trading, encefali artificiali che sparano ordini di compravendita e gestiscono derivati e swap e found (spesso truffe legalizzate) alla velocità di 0,03 millesimi al secondo e pigliano per la collottola gli stati ‘sovrani’ scommettendo quotidianamente sul loro fallimento. Quanto alla UE, gli zombie dicono ‘ce lo chiede l’Europa’ come l’inquisizione bruciava gli eretici al grido di ‘Dio lo vuole’. In entrambe le situazioni, il sacrificio di esseri umani per soddisfare un’entità la cui inesistenza è dubbia nel secondo caso, certissima nel primo. Gli zombie vedono nell’Europa un’epocale conquista di fratellanza e civiltà (che doveva euforizzare i mercati e quindi procurare orgasmi multipli ai non morti). Gli zombie ignorano che l’Europa è solo un tentacolare leviatano senz’anima costruito contro la volontà dei cittadini e senza quell’impasto di lingue, storie e tradizioni che (sole) possono innervare una comunità civile della voglia di stare insieme. Gli zombie plaudono all’Europa come a un’etica fusione degli antichi egoismi nazionali. Sorvolano sul fatto che essa è, al più, una tecnocrazia elitaria il cui potere non è legittimato dal basso e irrobustito da dentro, ma condizionato dall’alto e gestito da fuori, un artificioso e ben studiato conglomerato di istituzioni che comandano (e mandano in malora) un continente, devastandone i popoli, una demokratura parasovietica che recluta zombie e li nutre perché facciano da kapò al resto del gregge. Veniamo alle riforme strutturali. Gli zombie le snocciolano, tipo i grani del rosario, senza sapere di che cianciano, ma non se ne curano. Sono morti per definizione e quindi non ragionano, ruminano concetti e li sputano a terra come le scimmie con le arachidi. Agli zombie basta titillarsi con le ‘riforme strutturali’ per godere di un applauso in sala. Salvo che poi le riforme (che rassicurano i mercati e che vuole l’Europa) si risolvono sempre in una capillare distruzione dei diritti acquisiti, del lavoro, delle protezioni sociali. Gli zombie blaterano di riforme strutturali e ci vedono, in filigrana, la Cappella Sistina restaurata. Ignorano che tali riforme, di strutturale, hanno solo la capacità di precarizzare le generazioni future e di affamare quelle presenti e passate. Eccoci alla spesa e al debito pubblici. Per gli zombie sono il censurabile e immorale portato della predisposizione degli stati allo spreco. Tipicamente, gli zombie leggono debito pubblico e traducono ‘maledetto stato sociale’. Gli zombie ignorano che il debito è una montagna non scalabile di interessi passivi e che, per oltre vent’anni, a partire dai primi Novanta, la Repubblica Italiana è stata in avanzo primario (cioè in grado di mantenersi con le tasse incamerate), soprassiedono sullo scippo criminale della nostra banca nazionale, anzi neppure sanno cosa sia il denaro o a che diavolo serva una banca centrale. In quanto zombie, non si sono mai domandati perché uno stato debba chiedere in prestito quattrini a un’entità terza in cambio di titoli, ma, del resto, sono zombie e pensare li stanca da morire. Va da sé che non sanno dirti perché lo spread e il debito pubblico italiano non rappresentassero un dramma prima dell’entrata nell’euro. Trascurano che, perlomeno fino al 1981, gli italiani potevano imporre a una loro banca di stampare moneta. Oggi, invece, si fanno imporre da una banca non loro, di stampare leggi finanziarie sotto dettatura. Agli zombie non importa, gli basta sbadigliare (e sventagliare) bugie sulla spesa pubblica improduttiva (che rende depressi i mercati, che l’Europa ci chiede di abbattere, che solo le riforme strutturali possono risolvere). Ora basta. Questi sono gli strumenti per riconoscere gli zombie, addirittura per guarire se lo siete diventati. Con un’ultima avvertenza. Tra gli zombie si aggira qualcuno che zombie non lo è per davvero. Finge soltanto. Sa perfettamente tutto ciò che lo zombie ignora. Sono gli untori consapevoli, quelli a cui un’umanità zombizzata non va bene, va benissimo. I dottor Stranamore dell’epidemia Z.

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