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BRANCO FORTE

FRANCOFORTEIl luogo simbolo della post modernità dove alberga e prospera il suo genio maligno è Francoforte sul Meno. Lì, chiusi in una torre d’avorio costata miliardi di euro pubblici di cui nessun giornalista impegnato chiede conto, un board di illustri sconosciuti distilla e somministra le stitiche sacche di sangue destinate al popolo. Un plasma assai caro, chiamato moneta, elargito col contagocce ai servi della gleba e con gli idranti ai riccastri. Da lì Il branco dei superforti gestisce il suo pre-potere sugli ultradeboli. En passant, per evitare che il volgo metta le mani sulla fonte da cui zampilla la pecunia, il Sistema ha pensato bene di emendare da qualsiasi investitura democratica i componenti della Tavola Rotonda. I savi designati stanno lì per meriti ignoti al grande pubblico. È come se la loro legittimazione prescindesse dal consenso ed esistesse da sempre. Per qualche ragione misteriosa, l’Eurotower è la plancia di comando di questo Mondo impazzito, stragonfio di beni, di merci, di risorse, ma estremamente avaro nel concederle a chi lo abita. Ebbene, ironia della sorte, proprio in questo sito si è sviluppata, una cinquantina d’anni or sono, una scuola detta appunto ‘di Francoforte’, un clan di menti autenticamente libere (e geniali) versate nei più diversi campi del sapere: la psicologia, la sociologia, la filosofia, la scienza della politica. Anche in questo caso, persone non elette, ma ‘elette’, cioè davvero speciali, non in virtù delle altolocate frequentazioni o della docile obbedienza agli dei, ma per quella sorta di aristocrazia dello spirito che connota taluni esseri umani e li rende sensibili alle istanze dell’Uomo anziché a quelle del potere, della ricchezza, del capitale disumano. Parliamo di gente come Horkheimer, come Adorno, come Fromm, come Marcuse. Essi non vennero mai incaricati di manipolare il denaro, perché i detentori della borsa non si sarebbero mai sognati di assegnare a una congrega di menti libere un compito siffatto. Così, i nostri si contentarono di una funzione secondaria, molto meno retribuita, ma enormemente più degna e alta: quella di profeti del futuro. La Scuola di Francoforte ci mise in guardia, con mezzo secolo di anticipo, sulle tare di un meccanismo di riproduzione della diseguaglianza, della sofferenza, della schiavitù che oggi, non avendoli ascoltati, i popoli europei sperimentano sulla loro pelle. Se volessimo sintetizzarne in due parole la denuncia, useremmo quelle del libro di Horkheimer e Adorno, ‘La dialettica dell’illuminismo’. Abbiamo fabbricato un global village iper razionale tarato su produzione, consumo e smaltimento dove tutto viene minutamente preveduto e standardizzato affinché la gente produca, consumi e smaltisca sempre di più allo scopo di tornare a produrre e consumare e smaltire senza tregua. Punto. Non c’è altro da sapere su di noi e su ciò che siamo diventati: esseri precisi come macchine, usati come macchine per implementare una macchina che drena denaro dalle masse per veicolarlo ai vertici. E il senso della vita, lo scopo dell’esistenza, il significato del trascorrere dei giorni? Dettagli in cronaca, inutili e dannosi. Adorno lo pre-disse: “l’industria culturale, la società ultra-organizzata, l’economia pianificata hanno beffardamente realizzato l’uomo come essere generico: privo di coscienza individuale, di iniziativa morale autonoma, manipolato a piacere”. Un viaggiatore del futuro non avrebbe saputo descriverci meglio. In ogni caso, su quella Scuola è stato sparato il napalm e sulle sue ceneri è sorta l’Eurotower che si ciba proprio delle frustrazioni, dei consumi, delle paure dello schiavo descritto da Adorno. Francoforte è un po’ come Torino, città del soprannaturale nero e di quello bianco, del lato oscuro e di quello chiaro della forza, del Più (positivo) e del Meno (negativo). Solo che, a Francoforte, è rimasto solo il Meno.

 

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