Blog

SCOLA LA PASTA

SCOLAPASTAAngelo Scola, mica uno qualsiasi, arcivescovissimo della diocesi di Milano, ha le idee chiare su come va il mondo e ancora più limpide su come deve andare. Non arriva al punto di mettere in discussione i presepi, come il suo collega di Padova, perché c’è un limite a ogni impudenza (come avrebbe detto Totò), eppure si spinge, se possibile, ancora più in là. Quello che dovrebbe essere uno dei rappresentanti terreni di una Fede non negoziabile, alla pari di ogni altra, afferma, tiepido tiepido: “Non si deve rinunciare ai propri simboli, ma includere anche quelli degli altri. Per cui, ad esempio, mentre salvaguardiamo i simboli e le feste cristiane, se nelle scuole aumentano i bambini mussulmani bisogna prendere qualcuna delle loro feste ed inserirle nella dimensione pubblica”. Fantastico, dobbiamo essere grati a Scola per questa pedagogia della tolleranza perché è il segno di una fine inevitabile: quella di un pensiero fragile, la novella evangelica, diffusasi a macchia d’olio proprio grazie all’intransigente volontà di non abdicare a se stessa. Per tale intransigenza i protomartiri cristiani si facevano masticare dai leoni piuttosto che immolare olocausti al dio imperatore di Roma. Oggi, gli eredi di quella fede temeraria e forte di se stessa, suggeriscono al gregge di omologare in una dimensione pubblica il Credo, totalmente inconciliabile, di un’altra matrice religiosa. Intendiamoci, l’operazione di Scola è legittima così come quella, meticolosamente affine, del suo capo Francesco. Tuttavia, sarebbe bene che i soldati semplici del loro esercito, che ancora menano vanto dell’epiteto di cristiani, si rendessero conto di essere destinati all’eclisse. I loro vertici, infatti, esortano a quello stesso sincretismo auspicato da Nerone, Diocleziano e dagli altri allegri persecutori del bambin Gesù. Invocare, da un pulpito o da un altare sormontato dalla croce, una festa islamica pubblica nelle scuole, significa fare un coming out post cristiano a beneficio di una fratellanza mondialista e di una prossima indistinta, e indistinguibile, religio universale. Ergo, fate ciò che i successori di Augusto chiedevano: non tanto rinnegare la vostra fede, quanto accogliere e celebrare anche quella degli altri. Siamo tutti della stessa pasta, per cui i lieviti diversi non servono a una cippa. Fede per fede, bubbola per bubbola, quando fate i bravi e vi comportate bene, siete a posto con la coscienza. Che Dio, sia esso Allah o Krishna o un qualche Buddha misericordioso, vi benedica. Scola è disponibile al contagio perché la sua Chiesa non ha più un corpo sano da difendere. Quello mistico, poi, se l’è già giocato da un pezzo. I preti per primi dubitano di ciò che sarebbero chiamati a credere, questa è la verità. Gli resta un immenso patrimonio da gestire con l’oculatezza del bonus pater familias, con la stessa razionalità lucida e spietata, straboccante di mezzi e priva di ogni fine residuo, propria della civiltà a una dimensione denunciata da Horkheimer e compagni. Manca solo un presule coraggioso che annunci la morte del Dio cristiano e, magari, consacri un giorno, nell’anno, per celebrarne the end, tiepidamente, ecumenicamente, laicamente. Un bel giubileo inserito nella dimensione pubblica, così facciamo contenti anche gli islamici.

Potrebbe Interessarti Anche

Nessun Commento

    Lascia un commento

    Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.