Post

Fubini e furbini

In un giorno come tanti altri, piacevolmente trascorso a leggere e ad ascoltare, come tutti gli altri giorni, le notizie dall’Italia e dal mondo veicolate dal nostro Sistema radio-televisivo notoriamente “libero” dai condizionamenti del Potere Forte, capita di imbattersi in questa dichiarazione di Federico Fubini, vice direttore del Corriere più autorevole d’Italia: “Io sono appassionato di dati e guardando i dati della mortalità infantile in Grecia mi sono accorto che facendo tutti i calcoli purtroppo con la crisi sono aumentati i decessi dei bambini da zero a dodici mesi d’età. Sono morti 700 bambini in più di quelli che sarebbero morti se la mortalità infantile fosse rimasta quella di prima della crisi. Il modo in cui è stata gestita la crisi in Grecia ha avuto questo effetto drammatico. Ho deciso di non scriverlo perché in Italia il dibattito è avvelenato dagli anti-europei che sono pronti a usare qualsiasi materiale contro quello che l’Europa rappresenta: un principio di democrazia fondata sulle regole e sulle istituzioni”.

La mia reazione – lo confesso e me ne scuso – non è stata di repulsione, di rabbia, di sbigottimento, come avrebbe dovuto. È stata di noia. Così mi sono trovato a prendermela con me stesso, anziché con Fubini, e più ci pensavo più mi incazzavo: e sempre con me stesso anziché con Fubini. Alla fine, sono riuscito forse a venire a capo di questo corto circuito psicologico ricavandone la riflessione che segue. Fubini, dopotutto, non è affatto il protagonista di questa notizia. Anzi, di Fubini non ce ne deve importare un fico secco. Egli risponderà, se crede sia il caso, alla propria coscienza per ciò che ha detto e ha fatto. Di certo, per un giornalista, decidere di stendere un velo pietoso su una scoperta così grave dev’essere stata una scelta difficile. Tanto più se la notizia è di quelle enormi, in grado di gettare una sinistra luce di verità su quell’esperimento sociale criminoso, e criminogeno, che è stato, è e sarà l’edificazione degli Stati Uniti d’Europa. Ma Fubini, credetemi, non deve costituire il fulcro della nostra attenzione. Il punto nodale è che l’autocensura che egli si è inflitto non è affatto un’eccezione nel mare magnum dei media cosiddetti mainstream. È la regola. Ed è il motivo per cui ho avvertito un moto di noia, e non di nausea, nell’apprendere, dalla viva voce del suo protagonista, che un vip della nostra intellighenzia, per di più “appassionato di dati”, ci ha fatto grazia di un dato troppo impressionabile. Non solo settecento bambini greci sono morti per colpa della crisi, ma rischiano pure di essere crepati invano perché raccontarlo in giro potrebbe destabilizzare un mondo “perfetto” e portare acqua al mulino dei rozzi populisti che lo contestano. Mi sono annoiato come di fronte a tutte le cose già viste, già sentite, già vissute. Viviamo immersi, da decenni, in un fantasmagorico e tambureggiante show di programmi di info-entertainment sempre più brillanti, sempre più tecnologici, sempre più “aggiornati” che ci raccontano tutto affinché non capiamo nulla. Ci relazionano minuziosamente su una quantità incommensurabile di stronzate inessenziali. Ma non trovano mai il modo, e il tempo, per dirci la verità.

La verità su certe cose – sull’Unione europea, sul debito pubblico, sul sistema bancario, sulla creazione del denaro, sulla Costituzione tradita, sull’eutanasia delle nostre democrazie, sui bambini greci uccisi dall’austerity – la verità, dicevo, resta lì, dove deve stare, convitato di pietra silente al banchetto delle breaking news nazionali. Le nostre coscienze sono coltivate in vitro, come delle muffe nelle loro capsule di Petri. E la stessa Matrice mass-mediatica che si auto-silenzia per non alimentare il circolo virtuoso del pensiero critico (e renitente alla manipolazione) ci ossessiona poi con la fobia per le fake news, incrementando il circolo vizioso della nostra paura di esprimerci. Lorsignori si credono furbi perché pensano, con certe miserevoli “drittate”, di riuscire a celare alla nostra vista, e consapevolezza, le storture di un mondo da rivoluzionare. E noi siamo stupidi per quanto ci facciamo condizionare. Ecco, in definitiva, perché mi sono arrabbiato con me stesso davanti alla confessione di Fubini. Perché, pur sapendo come funziona il circuito, finisco sempre per dimenticarlo. Un grazie di cuore, al vicedirettore del Corriere, per avermelo ricordato.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com

Potrebbe Interessarti Anche

Nessun Commento

    Lascia un commento

    Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.