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GIRO GIRO COLLO

giro colloAvvisate i mercati: c’è in giro uno col maglione a giro collo blu il quale racconta in giro, senza giri di parole una verità universale spacciandosi per Marchionne, il super manager della Fiat Chrysler Automobile. Il personaggio in questione ha affermato, a margine di un premio conferitogli dalla Luiss in occasione della Rotman Wuropean Trading Competition: “Non possiamo demandare al funzionamento dei mercati la creazione di una società equa. I mercati non hanno coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato”. Nelle alte sfere dell’Internazionale Complottista è partito un giro di telefonate per smarronare l’imbucato. Le ipotesi allo stato più gettonate sull’identità del misterioso uomo mascherato da Ceo della FCA sono: a) un rinvigorito Fidel Castro in libera uscita da Cuba desideroso di esportare oltreoceano la rivoluzione fallita; b) la reincarnazione di un luddista del diciannovesimo secolo; c) la riedizione ectoplasmatica di un celebre spettro – aggirantesi per l’Europa dell’Ottocento – di cui parlò un certo vendutissimo manifesto dell’epoca. Sia come sia, chi ha rilasciato la dichiarazione in oggetto non può essere Marchionne per una serie di validissime ragioni: 1) il mercato è, per definizione, a-morale, quando non immorale. La morale sta ai mercati come l’etica stava alla politica nel pensiero di Machiavelli; detto oxfordianamente, non c’entra una mazza; 2) le multinazionali come quella diretta, con abilità giustappunto machiavellica, dal nocchiere di cui sopra sono alacremente impegnate – da almeno un cinquantennio – nella creazione di una società fondata sull’idolatria del mercato, della competitività e del darwinismo sociale; 3) le corporations sono gli ultimi pulpiti da cui chicchessia può discettare di giusto e sbagliato giacché, per dirla con Croce, la loro dimensione pertiene alla categoria dell’economia (conveniente vs sconveniente) e non a quella dell’etica (bene vs male). Detto questo, ecco uno scoop: quell’uomo era veramente Marchionne. Lo sappiamo perché ha lasciato l’impronta inconfondibile dei suoi ambienti di riferimento non in ciò che ha detto, bensì in quanto non ha detto: e cioè che l’unica medicina per guarire dal parassitismo onnivoro dei mercati non è la morale, ma la politica. Quella non succube della finanza globalizzatrice e dei grandi potentati trans nazionali. Il tipo di politica plebea, volgare, nazional-popolare – ma democratica, vivaddio – che i ceo delle multinazionali planetarie detestano come il diavolo l’acqua santa. Tutti i ceo. Nessuno escluso e girocolli inclusi.

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