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LE MINISTRE DELLE PARI INOPPORTUNITA’

ministreIl governo Gentiloni ha un problema ‘di concetto’, anzi di concetti, nel senso che dovrebbe fare un corso accelerato – esistono ottimi workshop sul mercato a prezzi contenuti, Obama escluso – sulle nozioni di ‘opportunità’ e di ‘liceità’. Opportunità’: ci sono cose che non è opportuno fare anche se il confine della loro liceità è labile e opinabile. Liceità: ci sono cose che non si possono proprio fare perché la legge lo vieta. Entrambi i concetti sono di facile comprensione, ma con entrambi la compagine governativa sta facendo una fatica boia. Urgono ripetizioni. Allora, diciamo che non è opportuno che un Ministro della Repubblica chieda ai vertici di un polo bancario quotato in borsa di valutare la possibilità di acquisire una banchetta prossima al default il cui vicedirettore tiene famiglia e nella famiglia tiene anche il predetto ministro. Ecco, qui non si tratta di stabilire se il comportamento sia illecito (cioè giuridicament‎e sanzionabile) oppure no. Perché quel comportamento, se vero – e la fonte è troppo attendibile e autorevole per dubitarne – deve portare alle dimissioni di quel ministro. Si tratta di una mera, elementare questione di opportunità e buon gusto. Tra l’altro, nel caso, si tratterebbe di dimissionare un ministro che già ebbe modo di promettere le proprie dimissioni in caso di sconfitta referendaria salvo poi ‘inopportunamente’ – allora lo fa apposta! – rimangiarsele. Ma perché le dimissioni non arrivano? Perché il partito di cui quel ministro  è espressione (che, pure, per molto meno fece dimettere i ministri Josefa Idem, Maurizio lupi e Federica Guidi) ha un casino di problemi col concetto di ‘coerenza’ e ha sostituito il suo slogan di un tempo (‘tutto il potere ai lavoratori‘) con un più pragmatico ‘tutto il potere ai manovratori’. Veniamo al secondo concetto: la liceità. Il Ministro della Salute vorrebbe introdurre l’obbligo della vaccinazione come pre-requisito  alla iscrizione scolastica. Ora, questa genialata non è (solo) inopportuna, è proprio illecita nel senso di ‘contraria’ all’ordinamento giuridico e, in ispecie, alle norme costituzionali. Il diritto all’istruzione non è ‘negoziabile’ con il cittadino. Va garantito e basta. Quindi, una ministra che ritiene fattibile un provvedimento del genere se ne deve andare domani mattina, non perché ciò sia opportuno (ovvio che lo è), ma perché ella è inadeguata al compito. Stiamo parlando della grammatichetta giuridica da educazione civica delle elementari. E la Lorenzin, fino a prova contraria, le ha frequentate perché, ai tempi suoi, non c’erano ministri che condizionavano il diritto allo studio alla profilassi del morbillo. Senza contare la macroscopica sproporzione tra la misura proposta (come se ci trovassimo nell’epicentro di un’epidemia biblica) e la sanzione ideata per i riottosi (niente scuola). Di sicuro, le corporations di ‘Big Pharma’ non solleveranno obiezioni, diciamo. Il che ci conduce, di filato, al terzo e ultimo concetto che il gabinetto Gentiloni  non riesce a introiettare. Quello di ‘preparazione’. Ci vogliono politici ‘studiati’, tipo  gente laureata al Dicastero dell’Istruzione, roba così. Il Partito Democratico, specialista mondiale di ‘riforme strutturali’, potrebbe farne una di questo tipo: esame di quiz a risposta multipla sulla Costituzione Italiana e sulla Deontologia del Comportamento Pubblico. Una specie di vaccino preventivo. Solo che, poi, dove li trova i ministri?

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