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L’illusione della democrazia


Al raduno di Confindustria, Mario Draghi ha ricevuto la standing ovation come un atleta olimpico dopo l’oro, come un cantante pop dopo l’esibizione, come un virtuoso del violino dopo il concerto. Un politico adorato dall’intellighenzia, dai media, persino dalle masse (stando ai sondaggi) fa inevitabilmente notizia, come il famoso cane morso da un uomo. Quindi, c’è da chiedersi perché. Siamo davvero di fronte all’uomo della provvidenza, o c’è altro da indagare, e da capire? Accendiamo la seconda e proviamo a spiegare perché.

Basta partire, come sempre, da una (ulteriore) domanda: Draghi gode di buona stampa perché è un fuoriclasse, o sembra un fuoriclasse perché gode di buona stampa? Il quesito non deve necessariamente limitarsi al premier. Può essere esteso a dismisura: il Covid terrorizza perché è un morbo letale, o perché è dipinto come tale? La vaccinazione è un imperativo categorico perchè ce lo dice la coscienza, o ce lo dice la coscienza perché glielo ha suggerito la pubblicità truccata da scienza? L’Unione europea è desiderata perché è un’idea meravigliosa o pare un’idea meravigliosa perché ce lo ripete, da anni, l’intero universo del mainstream? L’euro è nelle nostre tasche perché lo abbiamo voluto, o lo abbiamo voluto perché ci hanno educati ad accettarlo?

Per questi, e altri consimili, interrogativi, la risposta è semplice, e la conoscono tutti, benchè (quasi) tutti la neghino, anzi la ignorino, anzi rifiutino addirittura di porsi la previa domanda. Una buona parte delle cose “importanti” della nostra vita lo sono solo solo in virtù di condizionamenti appresi. Proprio come la saliva del famoso cane di Pavlov che aveva appetito al suono di un campanello, anziché all’apparire di una ciotola, giusto perché lo scienziato lo aveva “programmato” così. Nel nostro caso, la programmazione è gestita dal del circuito di informazione di massa che, in realtà, è un sistema di “formazione” permanente delle coscienze. In primis, perché le maggiori testate, soprattutto televisive, non sono libere e indipendenti (requisito imprescindibile di ogni giornalismo con ambizioni di verità e di onestà). In secundis, perché sono possedute da centrali finanziarie e di potere (sovente occulte). Le stesse dalle quali è scritto il copione su cui l’uomo della strada deve letteralmente “costruire” il proprio mondo di significati, il proprio orizzonte di senso, il proprio serbatoio di pregiudizi.

In altri termini, viviamo in un mondo invertito, e quindi sovvertito. Non è l’uomo a valutare i fatti con la propria autonoma coscienza, sono i fatti (magistralmente raccontati, e quasi sempre falsificati) a plasmare la coscienza dell’uomo. Il che sarebbe una notizia così interessante da meritare la prima pagina come il già citato uomo che morde il povero cane. Ma ciò non avviene perché chi dovrebbe informarci, ha troppo spesso la missione, se non la vocazione, esattamente opposta: disinformarci per “formarci”.

Da questo punto di vista, vi sarebbe da chiedersi se abbia ancora senso parlare di democrazia in un contesto siffatto. E, quindi, se non siamo per caso tutti vittime di un incantamento collettivo, di un’opera di magia nera. Un’alchimia in grado di guidare la (stragrande) maggioranza di noi non verso il bene superiore per tutti (di cui, secondo la logica democratica, i più dovrebbero essere depositari), ma verso occulti obbiettivi buoni per pochissimi e dannosissimi per tutti gli altri. Torna in mente la frase di uno che della democrazia (e di come sopprimerla) si intendeva, eccome. Così Benito Mussolini ne parlava in una lettera al maestro di ogni manipolazione di massa, Gustave Le Bon: “La democrazia è il regime che dà o cerca di dare l’illusione al popolo di essere sovrano”. Scritta novant’anni fa. Mai vera come oggi.


Francesco Carraro


www.francescocarraro.com

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2 Commenti

  • Rispondi
    franco
    27 Settembre 2021 a 09:22

    Nulla di più vero
    non le sarà certo sfuggito il trattamento riservato alla manifestazione di Roma contro il green pass del 25 settembre.
    Un aspetto positivo di questo momento storico è che è riuscito ad aprire gli occhi a tanti.
    Resta aperto l’interrogativo
    che fare?
    Si accettano sufferimenti

  • Rispondi
    Emanuela
    26 Ottobre 2021 a 19:35

    Buonasera Francesco Carraro.

    In Germania sta suscitando scalpore il licenziamento in tronco del Caporedattore di BILD Zeitung, Julian Reichelt, accusato di aver sfruttato la sua posizione all’interno del giornale per ottenere favori sessuali dalle sue giovani colleghe. Per chi desidera conoscere i noiosi dettagli dell’intera faccenda, resa nota urbi et orbi da un quotidiano USA (?!), lo può fare, anche, vedendosi in tedesco la puntata di EXTRA 3 del 20 ottobre scorso su ardmediathek.
    Da EXTRA 3 (trasmissione di satira politica di NDR) si apprende pure una notizia che, a mio avviso, merita invece di essere riferita nel dettaglio.
    Si tratta di questo: Reichelt, che già in precedenza era stato sospeso dal lavoro per un breve periodo, aveva goduto, tuttavia, di una protezione del tutto particolare, calata su di lui direttamente dai vertici del grattacielo di Axel Springer Verlag a Berlino, l’editore di BILD. Trattasi della protezione nientepopodimeno che del C.E.O in persona, ovvero di Mathias Doepfner, il ricchissimo re del giornalismo-boulevard in Germania, il capo di una delle più potenti società di media al mondo. Il quale Doepfner è anche il Presidente della Associazione Federale degli Editori digitali e degli Editori di giornali, nonchè amministratore di Netflix.
    Bene, questo signore in un suo recente messaggio ha definito Reichelt come il “solo ed ultimo giornalista tedesco, che si è coraggiosamente espresso contro il nuovo regime DDR 2.0 instaurato da Angela Merkel durante la pandemia Covid19”. Al contrario di quasi tutti gli altri personaggi dei media, che sono diventati – parole sue – dei meri assistenti della propaganda di regime. Con queste affermazioni, essendo lui, come ora detto, presidente della suddetta associazione, dà, quindi, indirettamente dei servi di regime anche ai suoi colleghi editori. Accipicchia.
    Quanto alle esternazioni del Reichelt, avevo trovato interessanti e del tutto condivisibili le sue parole in uno dei suoi numerosi interventi su BILD Tv youtube, allorchè affermava quanto segue: il fatto che le persone siano state private dei loro diritti fondamentali, e che non si sa ancora quando questi diritti verranno “generosamente” restituiti, – cosa totalmente assurda che in Germania non può esistere, se non per periodi brevi e ben definiti- ai vaccinati e non vaccinati, ecco, tutto questo, concludeva, causa in lui una grandissima inquietudine (3 agosto 2021).
    Cordialmente
    Emanuela
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    P.s. Toh, mi son detta ascoltando le parole del megadirettoregalattico, eccone finalmente uno che la pensa come me sulla DDR 2.0 di “Mutti”. La zarina d’Europa fu definita nel 2011 da Urban Priol, (noto per i suoi capelli ritti in testa e per possedere una delle lingue più taglienti del cabaret tedesco): “Irrtum der Geschichte, Honeckers Rache” (errore della storia, vendetta di Honecker). Cosa questa che, evidentemente, non le causò il benchè minimo turbamento. Visto che, forse, se non si fosse “dimessa” lei stessa dalla sua posizione di – la cito – “Cancelliera senza rivali” (ich bin alternativlos, ovvero: non avrete altra cancelliera all’infuori di me…), sarebbe stata rieletta da un, cito ancora il Priol “dumpfsediertes Volk” (un popolo sedato sino all’ottusità. Questo detto anche per la gioia dei sostenitori italiani di Mutti, nonchè di quelli della “superiorità germanica”. Uffa, che barba!).
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    P.s. 2 Vorrei infine riportare qualche brano tratto da un libro che offre una ricca documentazione di alcuni degli aspetti più impressionanti anche dal punto di vista umano della DDR originaria. Della quale DDR mi pare che solo pochi abbiano una conoscenza che vada oltre le sue rare rappresentazioni cinematografiche. Come se, per rendersi conto delle tragedie della Storia si debbano lasciar passare molti decenni nella quasi totale ignoranza ed indifferenza di esse. Traggo le seguenti citazioni da un libro, la cui lettura mi sento senz’altro di consigliare, anche perchè temo che possa essere illuminante per noi oggi: Anna Funder, C’era una volta la DDR, Feltrinelli, 2002.
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    Ufficialmente la DDR rispettava le istituzioni della democrazia. In realtà c’era un solo partito (SED) e il suo strumento, la Stasi. I giudici spesso ricevevano istruzioni dalla Stasi, che a sua volta le riceveva dal Partito di Unità Socialista fino all’ esito del giudizio e alla durata della pena. Non c’era possibilità per una persona di difendersi dallo Stato, perchè tutti gli avvocati difensori ne facevano parte. (op. cit. pag.38)
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    Undici anni dopo la sua richiesta di espatrio, Frau Weber ottiene il permesso di viaggio e deve partire immediatamente, entro la mezzanotte. Dopo di che verrà arrestata con l’accusa di trovarsi illegalmente sul territorio della DDR. Essa racconta: “Il treno di quella sera era pieno zeppo di gente che veniva espulsa dalla DDR. Era come se chiunque poteva essere stato infettato dal virus della glasnost, dovesse essere spedito al di là del Muro”. (op. cit. pag.44)
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    La Stasi cremava una quantità di cadaveri al Cimitero sud. (op. cit. pag. 46)
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    Dopo la caduta del Muro i media tedeschi definirono la Germania Est come “il più perfezionato stato di sorveglianza di tutti i tempi”. Alla fine, la Stasi disponeva di 97 mila dipendenti- un numero più che sufficiente trsper tener sotto controllo un popolo di 17 milioni di abitanti. Ma aveva anche più di 170 mila informatori tra la popolazione (Inoffizielle Mitarbeiter- IM). Si calcola che nel Terzo Reich vi fosse un agente della Gestapo ogni 2 mila abitanti, e nell’URSS di Stalin un agente del KGB ogni 6 mila cittadini circa. Nella DDR c’era un agente o un informatore della Stasi ogni 63 persone. Se si aggungono gli informatori “part-time” alcune stime portano la percentuale ad un informatore ogni 6,5 cittadini. Ovunque Mielke trovava opposizione, trovava al contempo dei nemici, e più nemici trovava più personale e informatori assumeva per reprimerli. (op. cit. pag. 55)
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    Nella foto Mielke è un ometto senza collo. …. Gli piaceva andare a caccia; un filmato lo mostra mentre esamina una fila di cervi morti come se fosse ad una parata militare. Amava le sue medaglie e le portava fissate al petto in file lucide e rumorose. …. Si dice che gli psicopatici, persone in nessun modo turbate da una coscienza, siano dei generali e dei politici di inarrivabile efficacia, e forse lui lo era. Certamente era l’uomo più temuto della DDR, non solo dal popolo, ma anche da colleghi e membri del Partito. “Non siamo immuni dalle canaglie tra di noi”, disse ad un incontro coi vertici Stasi nel 1982. “Se sapessi chi sono, non arriverebbero a domani. Liquidare subito. E’ perchè sono un umanista che la penso così……. “Tutte ciance quelle su pena di morte sì o no: giustiziare! E, se necessario, senza il giudizio del tribunale”. (op. cit. pagg. 55-56)
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    Nell’agosto 1961 una nuova recluta della Stasi di nome Hagen Koch percorreva le strade di Berlino con un barattolo di vernice, tracciando le linee dove doveva sorgere il Muro. Aveva 21 anni ed era il cartografo personale del segretario generale Honecker. A differenza di molti capi di Stato, Honecker aveva bisogno di un cartografo personale, perchè stava ridisegnando i limiti del mondo libero…. “La mia educazione fu così…” – cerca le parole, “così DDR. Tutto ciò che era DDR-positivo, quello ero io. A mettermi su questa strada fu mio padre…. Deve vederlo nel contesto di mio padre e della propaganda della Guerra Fredda, la DDR era come una religione, in cui ci avevano insegnato a credere….” (op, cit. pag. 139)
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    “Scelsi una moglie non badando a quali fossero le sue convinzioni politiche. La Stasi, però, come sempre, sapeva tutto”, dice Koch. Il suo capo lo chiamò e gli disse: “Quella ragazza non va bene. Abbiamo dei progetti per te e quella piccolina è DDR-negativa.” (op. cit. pag. 150)
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    Secondo Koch, Ulbricht, il capo della Stasi decise che si doveva costruire una “misura protettiva antifascista”. Mi è sempre piaciuta questa espressione, ha un che di profilattico, per proteggere gli orientali dal contagio occidentale del vacuo materialismo. Obbedisce pienamente alla logica del rinchiudere la gente per bene per tenerla al sicuro dai criminali. (op. cit. pag. 151)
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    Racconta Hagen Koch: “Avevo la gamba destra ad est e quella sinistra ad ovest, e tracciavo la mia linea bianca lungo la strada. Era il 13 agosto 1961. Mi concentrai sulla linea, non su quello che succedeva intorno: c’era una folla di dimostranti che dal lato occidentale gridava contro di noi. Pensavo tra me e me che quelli a occidente erano nemici, saccheggiatori e profittatori”. (op. cit. pagg. 151-2)
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    “Si diceva che la Gioventù Libera Tedesca della DDR e la Gioventù Hitleriana del Terzo Reich erano così simili che le distingueva solo il colore dei fazzoletti che i giovani portavano al collo”. (op. cit. pag. 146)
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    Sto terminando la mia visita al ex- Quartier Generale della Stasi nella Normannenstrasse a Berlino. … Nelle vetrine sul pianerottolo sono esposti oggetti che nascondono macchine fotografiche e registratori usati per documentare il comportamento del “nemico”: un vaso da fiori, un annaffiatoio, una tanica da benzina, uno sportello d’auto. C’e’ pure un thermos con un microfono nel coperchio, una giacca a vento con una macchina fotografica cucita nella tasca anteriore e un apparecchio simile ad un’antenna televisiva in grado di raccogliere una conversazione da cinquanta metri di distanza in un altro edificio o di qualcuno che si trovi in macchina fermo al semaforo. …Le mie scarpe fanno rumore sull’onnipresente linoleum marrone-beige. …..Tutto sembra aver quel particolare colore verde giallastro anni 50, color senape nucleare. …..Incontro una piccola donna bionda in jeans con materiale per le pulizie. “State chiudendo? Me ne devo andare?” le chiedo. “Stia pure, usciremo insieme, quando avrò finito”, mi risponde. …Nel documentario, che intanto sto vedendo, viene mostrato l’obitorio della Stasi di Lipsia – cadaveri sui tavoli, tra cui quello di una giovane privo di evidenti ferite. Passa ad un’intervista con un addetto del Cimitero generale sud, il quale spiega che “una ventina o una trentina di volte” ha avuto l’ordine di lasciare acceso un determinato forno crematorio “così che la Stasi potesse fare le sue faccende”. L’uomo è a disagio, ma dice infine “era solo il mio lavoro”. …….Incontro nuovamente la mia compagna e le chiedo, se non ha paura a trovarsi sola lì dentro di sera. “Qualche volta”, risponde, “ma appena abbiamo aperto, dopo la fine di tutto, qui dentro era molto peggio. Allora tutto l’edificio puzzava… pulivamo, pulivamo, ma non riuscivamo ad eliminare quella puzza. Si ferma e si volta verso di me, fa una smorfia:”Lo sa?”. Non aspetta la risposta. “Era la puzza”, dice, “la puzza dei vecchi”. (op. cit. pagg. 68-70)

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