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SUPPOSTE ITALIANE

postePer capire un po’ meglio com’è che va il mondo, questo mondo, non dobbiamo concentrarci tanto su ciò che accade, ma sul modo in cui quel ciò viene raccontato dai media e dall’autorità costituita. Questi ultimi presidiano il piano della fantasia. Noi dobbiamo, per contrappeso e per senso civico, occuparci di quello della realtà che consiste nella disintegrazione progressiva delle nostre proprietà e nella dismissione dei poteri nazionali, delle prerogative sovrane, dei gioielli di famiglia. The fantasy plan, invece, si manifesta nella ‘narrazione’, ovverossia lo storytelling, per dirla renzianamente. È un po’ come ai tempi in cui furoreggiavano i western al cinema. La realtà (passata) era quella di un continente abitato da indigeni pellerossa depredati delle loro terre e sterminati fino a estinguersi in riserve formato loculo scavate, a mo’ di nicchia, nella terra indiana. La creatività (presente) di registi fenomenali ci ha intessuto sopra la trama onirica di Ombre Rosse e dintorni, le giacche blu con trombetta d’oro vigilanti sugli scalpi della povera famiglia bianca, religiosa e civile appetiti dalla furia selvatica dei sioux e dei comanche. Prendiamo Poste Italiane, adesso. Di fatto, è una delle ultime aziende statali dotate di un certo sex appeal. Pare brutto tenersela stretta? Pare bruttissimo. Così l’hanno messa sul mercato. Gli italiani perdono l’ennesima risorsa pubblica a vantaggio del grande capitale privato. Come te la narrano i grandi mezzi di comunicazione? La rubrica ‘Economia & Finanza’ del Messaggero scrive: “Poste Italiane sbarca in borsa”. Epico. Pare l’abbrivio di un film di Kubrick o il resoconto dell’impresa di Colombo. Non stiamo perdendo niente di che, tranquilli. Stiamo ‘sbarcando’ nell’Eden dei Mercati, in una dimensione di prosperità e ricchezza. Veniamo al racconto del Potere: “Con un certo orgoglio, il ministro Pier Carlo Padoan e i suoi più stretti collaboratori hanno illustrato le caratteristiche di quella che viene definita la quotazione più importante dell’anno in Europa”. C’era una volta il west! I tempi in cui un politico di spicco era fiero se il suo Paese sfidava i colossi internazionali. Oggi, il contrario. Più svestono la Nazione, più ne vanno lubricamente fieri. Da ultimo, come ce lo spiegano che la privatizzazione significa tutto-il-controllo-ai-grandi-capitali-privati e qualche briciola appetitosa agli ex proprietari della baracca (noi cittadini?). Così: “30% ai cittadini e 70% agli investitori internazionali”. Fischia! Che affare, ministro! La fine rivaleggia con le struggenti prospettive del the end di Via col Vento: “Da martedì prossimo, quindi, partirà il viaggio di Poste in Borsa, forte di soci che, secondo indiscrezioni, vanno da George Soros ai fondi cinesi e del Kuwait (al Tesoro parlano di investitori di ‘altissima qualità’)”. È l’età dell’oro, amici, e ci vorrebbe un Gore Vidal per darle lustro. Ora, basta chiacchiere, è tempo di godere. E se avete delle incertezze, cancellatele. Non sono reali. Solo supposte.

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