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La Storia siamo noi

Potrà sembrarvi una bestemmia, ma c’è un profondo afflato idealistico nell’attuale ordinamento del mondo, nelle sue inique dinamiche economiche e sociali e nelle strutture giuridico-istituzionali in cui si è consolidato il potere. Come fa ad esserci un afflato ideale in un sistema orientato al dominio di feroci oligarchie finanziarie? Non ho detto, in effetti, “ideale” ma “idealistico”. Ideale significa, in genere, relativo a un’idea buona e positiva su come le cose dovrebbero andare. Lo si contrappone, apposta, a reale. C’è la realtà, che spesso non ci piace, e c’è l’idea, a cui vorremmo tendere. Quasi tutte le famiglie politiche del Novecento si reggevano su nobili ideali contrapposti a una situazione inaccettabile da riformare, o da rivoluzionare addirittura.

Quando dico “idealistico”, intendo invece un modo fatalista di vivere, leggere, interpretare e, alla fine, subire le vicende della storia. Idealistico è l’approccio di chi è convinto vi sia una specie di spinta invisibile, ma intelligente, dietro l’andamento in apparenza caotico degli eventi.  Ecco, il modo in cui ci viene raccontata la Storia, con la S maiuscola, entro la quale si barcamenano le nostre minuscole storie individuali, è proprio idealistico.  Ci viene ricordato, quotidianamente, come il sistema attuale – diciamo pure la struttura sedicente liberale e liberista e libertaria del mondo – sia non solo un patrimonio da difendere, ma anche l’unico approdo logico, plausibile, inevitabile sul piatto. Per forza: se c’è un’Idea superiore a soffiare (nelle vele della cronaca) il vento della Storia, allora l’unica soluzione per il singolo individuo, atomo in balia degli eventi, è lasciarsi andare, trascinato dalla corrente, accettando il modo in cui vanno via via assestandosi i rapporti di potere, le regole della convivenza, la legittimazione di chi ci governa.

Da questo punto di vista, il modello ora vincente diventa anche l’unico modello concepibile. E quindi sembrano un capitolo già scritto della nostra Storia un sacco di cose che, magari, non ci rendono proprio fieri e non ci fanno sentire affatto tranquilli; fenomeni disparati, e apparentemente sconnessi, ma in realtà legati da un filo rosso invisibile: gli Stati Uniti d’Europa, la liquefazione delle identità nazionali, la destrutturazione dell’individuo, l’impoverimento delle classi medie, la chiusura delle agenzie di rappresentanza popolare, la senescenza della democrazia, l’era dei trattati intergovernativi, il trionfo del capitale privato sul bene pubblico, la perimetrazione dell’area di ciò che si può pensare e si può dire, la svalutazione delle tradizioni, della famiglia, dei connotati naturali dell’essere umano. Se vogliamo opporci a tutto questo, dobbiamo prima dichiarare una guerra senza quartiere alla mentalità idealistica. I giochi non sono fatti. Non c’è nulla di irreversibile. Possiamo cambiare il mondo creando una rete di coscienze renitenti, e resistenti, a un’Idea perversa del futuro. De Gregori cantava che “La Storia siamo noi”. Deve diventare la colonna sonora del nostro avvenire.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com

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